Il Partito Liberaldemocratico a congresso
Marattin: “Il nuovo terzo polo siamo noi, alle politiche 2027 correremo da soli: meno tasse, più potere d’acquisto”
L’economista, uscito da IV, parlerà sabato inaugurando a San Lazzaro di Savena (Bologna) le prime assise del nuovo soggetto politico liberale. Ospiti la segretaria Cisl Fumarola, Luca Romano e Matteo Bassetti

Luigi Marattin, l’economista che siede in Parlamento da deputato indipendente, nel gruppo misto, ha dato vita – uscendo da Italia Viva – al Partito Liberlademocratico. Sabato 28 giugno questo partito terrà il suo primo congresso nazionale a San Lazzaro di Savena, Bologna, con trecento delegati da tutta Italia e numerosi ospiti esterni.
I Liberaldemocratici a congresso. Cosa deciderete di essere, in un panorama politico tanto composito e polarizzato?
«Un partito a cui ci si iscriva non perchè si crede in un leader (quelli sono cruciali, ma vanno e vengono), ma perchè si crede in un’idea di paese. Un partito che partecipi al dibattito politico in modo passionale, ma mai con la logica delle curve ultrà come accade in Italia da troppo tempo. Un partito dove i territori non siano la provincia dell’impero, ma protagonisti. Un partito che sappia dire agli italiani, con credibilità, che la politica non deve per forza essere un mix tra uno scadente reality show e una sfida di cori tra le curve ultrà, come è stata in questi anni».
Vede lo spazio per una riedizione del terzo polo ? Un partito che sia all’opposizione della maggioranza e delle opposizioni ha uno spazio?
«Non è un mistero che consideravo quella del Terzo Polo la strada giusta, e il suo auto-affossamento il peggior atto di masochismo della storia politica italiana. Ma è tempo di guardare avanti, imparando dai colossali errori commessi in quel frangente da chi ne porta la responsabilità, per evitare che succedano ancora. Sul posizionamento, non ci possiamo fare nulla se queste due coalizioni non hanno niente a che vedere con una destra e una sinistra europea (nè con quello che erano destra e sinistra in Italia venti anni fa) ma sono preda del populismo e della demagogia. Opporsi a entrambe è l’unica via per evitare il declino del Paese».
Nel vostro nome avete messo l’accento sul Partito. Quale sarà l’iter congressuale e come sarà organizzato il Pld sul territorio ?
«Uno degli aspetti che ha evidenziato il degrado della politica è che tutti i partiti di questi anni (tranne uno) hanno ripudiato il nome « partito ». Abbiamo assistito prima al saccheggio della botanica (querce, margherite, ulivi, ecc), poi alle varie composizioni del nome «Italia». Come quando lanci un nuovo detersivo: cerchi il nome più accattivante. Invece si può tornare ad avere formazioni politiche che si chiamino orgogliosamente “partito”, e che abbiano un aggettivo che spieghi l’idea di società che hanno e magari la famiglia politica europea di appartenenza. Nel nostro partito i territori saranno organizzati (faranno i congressi a fine estate) e protagonisti a pieno titolo».
I populisti in Italia hanno fatto danni soprattutto sul piano del debito pubblico. Quali sono le vostre ricette?
«Ci presenteremo alle elezioni politiche del 2027 con l’impegno a tagliare – nel corso della legislatura – tre punti di spesa pubblica in rapporto al Pil: sono circa 66 miliardi in cinque anni. Che promettiamo di destinare integralmente a ridurre la pressione fiscale, in particolare all’abolizione dell’Irap e ad una riduzione senza precedenti dell’Irpef su chi lavora e produce. Così, a parità di deficit, avremo finalmente una forte spinta alla crescita. Che arriverà anche dal secondo punto del nostro programma : una rivoluzione senza precedenti di liberalizzazione e concorrenza, in tutti gli ambiti, dal commercio ai trasporti, dai rifiuti alla sanità, passando per farmacie e persino per le autoscuole. Dobbiamo liberare le energie di cui questo paese è pieno, ma che sono soffocate dalla politica, dalla burocrazia e dai corporativismi. Solo con la crescita sostenuta si può ridurre il rapporto debito/Pil».
Il posizionamento internazionale oggi è imprescindibile. Su Europa, Ucraina, Medio Oriente sono tutti divisi, all’interno delle coalizioni e anche all’interno dei partiti stessi. Il Pld come si pone?
«Sì all’Europa senza se e senza ma: all’unione del mercato dei capitali, all’emissione di debito europeo – in sostituzione di quello nazionale – per finanziare i beni pubblici europei, alla devoluzione alla UE di una serie di materie che non ha più senso gestire al livello nazionale, all’abolizione del voto all’unanimità in Consiglio, all’attribuzione al parlamento europeo del potere di iniziativa legislativa, all’unificazione del sistema elettorale per le elezioni europee, all’elezione diretta del Presidente della Commissione.
E sì al sostegno all’Ucraina, senza se e senza ma. Ad essere sotto attacco non è solo quel paese, ma il sistema di valori liberaldemocratici».
E sul Medio Oriente?
«Ottanta anni di conflitto rendono impossibile scelte così nette: in questi decenni abbiamo assistito ad errori e atrocità da ambo le parti. Noi non dimentichiamo che anche qui c’è un aggredito e un aggressore: e l’aggredito è lo Stato di Israele, che fin dal giorno successivo alla sua fondazione – il 14 maggio del 1948 – ha subito aggressioni armate. Ma ora con la sola risposta militare, verso un nemico che vigliaccamente si nasconde tra la popolazione civile, Israele non risolverà nulla. E nessun essere umano può rimanere insensibile di fronte alla tragedia umanitaria di Gaza. Occorre favorire l’emersione di una leadership palestinese diversa da quella di Hamas, e riprendere la via degli accordi di Abramo. Che era la via giusta : non a caso Hamas, finanziata dall’Iran, ha attaccato il 7 ottobre 2023 proprio per evitare che si arrivasse ad una pace duratura».
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