Più recente, ma non separata dalla prima, è invece l’altra proiezione del mito, rivelatesi quando, a pandemia dichiarata, e nel vivo dell’emergenza sanitaria, Bill Gates ha annunciato che, dopo essersi dimesso dal consiglio di amministrazione della Microsoft, aveva lasciato anche la carica di presidente. Insieme con la moglie farà ora il filantropo a tempo pieno. E questa volta la ragione è proprio il Covid-19.

La Bill & Melinda Gates Foundation ha investito 10 milioni di dollari quando si è saputo del diffondersi del virus in Cina e poi altri cento quando l’emergenza si è estesa all’Europa e all’America. Complessivamente sono così oltre 45 i miliardi che Bill e Melinda hanno donato in beneficenza, la metà dell’intero patrimonio.

Perché lo fanno? Per due ragioni, hanno spiegato. “La prima è per senso di responsabilità, perché così dovrebbe fare chiunque ha molti soldi. La seconda è che ci divertiamo a farlo”. E nel divertimento è compreso anche il succo di sterco Il filantropo fa il gioco del sistema capitalistico, ripetevano i marxisti. Ma non è questo che ci racconta la storia di Bill Gates, cioè la storia di uno straricco che aiuta gli strapoveri.

Ci dà conferma, piuttosto, di quell’alchimia degli estremi che tiene il mondo anche se non lo spiega. In questa alchimia c’è un po’ di tutto, compreso un pizzico del Brecht di “sventurato quel paese che ha bisogno di eroi”, perché Gates è a suo modo un eroe, e il suo attivismo non è che l’altra faccia di un mondo di poveri.

E c’è un poco, ma solo un poco, del ricco Tolstoj che se ne andava al mercato Chitrov e nei dormitori dei dintorni per soccorrere gli ultimi. Solo che a differenza di Tolstoj, Bill Gates non ripudia la proprietà in quanto istituto, non rivendica l’arroganza del filantropo, non ha modelli da scardinare o altri da proporre e non cita Buddha, Isaia, Lao Tze, Socrate, Gesù e Giovanni Battista. Bill Gates crede nella scienza e nella ricerca.

E gli piace complicarci la vita, perché è ricco, anzi straricco, in un mondo diseguale, ed è un privato non uno Stato, in un tempo in cui solo il pubblico – inteso come sanità pubblica, finanza pubblica, scuola pubblica – sembra legittimato ad agire per il bene della collettività. Ma ciò nonostante è praticamente impossibile metterlo nella colonna dei cattivi.