“Ho appena attraversato il mondo per guardare una toilette”. La foto lo ritrae in un villaggio africano, appoggiato a un piccolo capanno che sembra reggersi per scommessa. Questo è Bill Gates. E questo è quello che scrive sul suo sito uno degli uomini più ricchi del mondo: “I servizi igienico-sanitari sono una delle questioni più importanti su cui lavoriamo. Ho anche bevuto acqua prodotta da feci umane un paio di anni fa”. Tutto vero, naturalmente. E a provarlo c’è un’altra foto di lui che sorseggia, ultimo atto di un progetto di ricerca applicata lautamente finanziato. Quest’uomo sta mettendo in crisi una radicata visione del mondo. Vediamo perché.

“Diventare ricchi è glorioso”, pare abbia detto Deng Xiaoping nel traghettare la Cina dal comunismo al capitalismo. Ma dopo? Quando sei diventato ricco, ma proprio ricco ricco, come Bill Gates, per intenderci, che altro puoi fare? Puoi darti al consumo vistoso, regalare una Birkin di Hermes al posto di una borsa di Carpisa. Ma poi? Puoi dedicarti agli acquisti non ostentativi, magari ai prodotti eco-compatibili e ai cibi biologici e non a quelli tipici dell’età dell’abbondanza, così da dare anche un senso morale all’uso della carta di credito. Ma poi? Puoi lasciar perdere i beni tradizionali e dedicarti all’arte, al cinema, alla letteratura, facendo sfoggio di cultura e conoscenza più che di patrimoni materiali. Ma poi? Insomma, se la gloria è l’immortalità degli antichi e dei non credenti, cosa può esserci di “più oltre”?

È lo stesso Bill Gates a rispondere. Oltre c’è solo la filantropia. La filantropia come forza di autogoverno della società, la stessa che fa scattare le donazioni – anche quella di Berlusconi – a favore degli ospedali lombardi, per esempio. Come parente ricca della solidarietà minuta che si sta stringendo intorno ai medici e gli infermieri stremati dal coronavirus.

Come espressione laica della carità. Per cui, passati i tempi mitici degli esordi, quelli dell’Università di Harvard abbandonata per il business, e archiviati quelli d’oro della Microsoft, la società che gli ha permesso di entrare nel club degli straricchi producendo software, ecco riapparire Bill Gates sulla scena mondiale: prima nei panni, insoliti ma comodi, del profeta – di fatto un pantalone dozzinale e un pullover rosa – e poi in quelli – sostanzialmente gli stessi – del ricco più generoso della contemporaneità.

Più generoso del molto più giovane Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook, impegnato a sostenere piani di assistenza sanitaria e di lotta all’analfabetismo. Più di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, particolarmente sensibile alla riduzione del consumo energetico. Più di Warren Buffett, investitore senza pari al mondo, famoso anche per aver annunciato, nel 2006, che i figli avrebbero ereditano solo il 35% del suo patrimonio di 61miliardi di dollari, perché il resto sarebbe andato in beneficenza. E più dello spagnolo Amancio Ortega, dominus di Zara, la catena di abbigliamento, con un patrimonio valutato intorno ai 70 miliardi di dollari, interessato a piani di formazione e assistenza sociale.

La profezia – anche questa laica- di Gates si è avverata proprio in questi giorni. Era il 2015 e in rete c’è un video che ne certifica la veridicità. Bill sale con andatura dimessa sul palco di una Ted conference ed ha l’aria di chi di sicuro annoierà il pubblico. Invece, ecco cosa succede. “Quando ero un ragazzo – comincia – il disastro di cui ci preoccupavamo era la guerra nucleare. Oggi la più grande catastrofe possibile non è più questa…”. E mostra l’immagine di una esplosione atomica.

“Ma questa…” Cioè la gigantografia della corona di un virus. Non quella del Covid-19, ma qualcosa di straordinariamente simile. “Se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nelle prossime decadi – conclude – è più probabile che sia un virus molto contagioso e non una guerra. Non missili ma microbi”. Quanto basta per riportarlo ancora una volta ad altezze siderali: ma oggi, beninteso, non allora, non cinque anni fa, quando quelle parole non allarmarono nessuno, non avendo chi le pronunciava l’espressione corrucciata di Greta, né il volto aureolato da treccine.