Era da parecchio tempo che la politica, in Italia, procedeva in assenza di una stampa di sinistra. Dopo decenni – dagli anni cinquanta agli anni novanta – nei quali la sinistra aveva dominato in quel campo. Con dei giornali di grandissimo prestigio. L’Unità, prima di tutti, e l’Avanti, e Rinascita, Paese Sera, e settimanali popolari come Vie Nuove, e poi ancora l’Espresso, e qualche anno dopo il manifesto e Repubblica. Una flotta in grado di scompaginare la stampa governativa o di destra, di imporre temi, discussioni, punti di vista, principi, idee.

L’Unità era un gran giornale, quello di Ingrao, Pajetta, Macaluso, Chiaromonte, e poi, più recentemente, di Veltroni e D’Alema. Il manifesto era il giornale arrembante di due giganti come Pintor e Rossanda. Paese Sera di Tommaso Smith e Fausto Coen cambiò la storia dei giornali popolari. E poi l’Espresso e Repubblica di Scalfari. Questi giornali erano come corazzate. Portavano informazione, idee, cultura, polemiche. Spesso combattevano tra loro, mi ricordo i duelli epici tra Scalfari e Reichlin, ma anche tra Pintor e Tortorella. E persino tra l’Unità e Paese Sera sulla questione arabo-israeliana. Gli altri giornali, e anche la Tv di Stato – l’unica Tv esistente, all’epoca – erano condizionati in modo formidabile dalla stampa di sinistra. Spesso inseguivano. E anche la politica italiana ne era condizionata. I grandi successi del Pci in buona parte furono dovuti alla sua capacità di fare informazione e giornalismo. Togliatti, quando dopo la Liberazione riaprì l’Unità, disse ai nuovi direttori (Spano, Ingrao e Tortorella): “Dobbiamo fare il Corriere della Sera del proletariato”. Non voleva un foglio di propaganda.

Voleva un giornale-giornale. E i collaboratori furono tutti di altissimo livello. Filosofi come Garin, Geymonat, Luporini, Badaloni, scrittori come Calvino, Sibilla Aleramo, Natalia Ginzburg, sceneggiatori e registi come Zavattini, Scola, Maselli, grandi artisti come Guttuso, Treccani, Pomodoro, commentatori come Caffè, Padre Balducci, Napoleoni ( vado solo a memoria e cito appena qualche nome). Poi, piano piano, la stampa di sinistra iniziò la ritirata. La stampa e la Tv di destra presero il sopravvento e a sinistra restò ben poco. Negli ultimi anni il poco si è trasformato in nulla. Addirittura c’è in giro gente che – in mancanza d’altro – ritiene che possa essere considerato di sinistra un giornale come il Fatto, cioè un quotidiano qualunquista legato agli ambienti più arretrati e reazionari della magistratura.

La notizia che un imprenditore napoletano, e cioè Alfredo Romeo, ha deciso di impegnarsi per restituire alla sinistra la sua capacità di fare informazione, ha gettato nel panico una parte dell’establishment. E anche alcuni settori, abbastanza vasti, del giornalismo, che in questi anni si erano accoccolati nella comoda posizione di assenza della sinistra e di non necessità di pensare, battagliare, impegnarsi, creare conflitti. Romeo ha deciso di mettere in campo due vascelli, magari ancora leggeri, ma sicuramente in grado di fare danni. Il Riformista e l’Unità. E perdipiù ha deciso di consegnare il Riformista nelle mani di un politico di primissimo piano, che ha dominato la ribalta del centrosinistra negli ultimi 10 anni. Parlo di Renzi. Che io, politicamente, non ho mai amato, ma che indubbiamente qualche peso nella politica italiana l’ha avuto, a partire dal 2013. Non l’ho mai amato Renzi, perchè non condivido molte delle sue idee. Né il job act, né le posizioni non-pacifiste, né alcune iniziative parlamentari che non ho considerato garantiste (Guidi, Lupi, Salvini, amore per Gratteri, omicidio stradale…).

Resta il fatto che le sue sono idee, e che oggi le idee son merce rare in politica. Rarissima. E resta il fatto che la sinistra, se un giorno o l’altro vorrà vincere, dovrà rivolgersi a un pezzo di opinione pubblica che è racchiusa in un territorio abbastanza vasto. Che va da quelli che hanno idee più radicali ( se dovessi definirle userei un uovo termine politologico: bergogliane) e che sono anche più liberali, più garantisti, più anti-Stato, a quelli che hanno idee più moderate, meno conflittuali, (che se dovessi definirle con un vecchio termine politologico, direi “riformiste”). Probabilmente il vecchio castello ormai un po’ ammuffito dell’informazione italiana, specie sul versante che si autodefinisce di sinistra, non era pronto a questa frustata. Non l’ha gradita. Ha messo in campo tutte le energie che le son rimaste per reagire. Sulla carta stampata, sulle Tv, sui social.

Mi è capitato di vedere un brano della trasmissione della 7 (“Otto e Mezzo”) nella quale un certo Andrea Scanzi (noto come il “Cruciani dei poveri…”) si scagliava contro Romeo sostenendo che è un manutengolo di Renzi, o viceversa, e che Romeo pagava Renzi, se ho capito bene, già negli anni 90, quando- credo – Renzi aveva circa 15 anni e con le tangenti prese da Romeo probabilmente andava a comprare le figurine dei calciatori sperando che uscisse qualche calciatore della Fiorentina, magari Gabriel Batistuta. Scanzi era stato incitato da Lilli Gruber alla tirata contro Romeo ( una Gruber anche abbastanza maleducata verso il Riformista: succede) segno che la sua non era una uscita improvvisata, ma pensata bene e voluta dalla rete. Lo stesso giorno si era esibito il Fatto, con pagine intere contro Romeo, e poi il Domani, giornale di De Benedetti, e anche alcuni – come si dice – “giornaloni”.

Mi chiedeva ieri Romeo: “ma secondo te c’è da preoccuparsi?”. Io, che sono sempre imprudente, ho risposto di no, anche per tranquillizzarlo. Lui mi ha chiesto: “ma allora devono preoccuparsi loro?”. Non so rispondere a questa domanda del mio editore. Rispondo per l’Unità: se riusciremo a fare quello che vogliamo fare, cioè se riusciremo a ridare voce a una sinistra colta, radicale, pacifista, garantista, contraria allo sfruttamento, alle guerre e alle prigioni, beh, forse sì: devono preoccuparsi loro. Vedremo.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.