Ci odiava per i nostri valori come l’apertura e l’inclusività nei confronti delle altre persone”. Così Sindre Lysoe, segretaria della sezione giovanile del Partito Laburista norvegese e sopravvissuta alla strage di Utoya, racconta il massacro compiuto esattamente 10 anni fa, il 22 luglio 2011, dal terrorista di estrema destra Anders Breivik.

Una strage con pochi precedenti nella storia recente dell’Europa. Un piano terroristico avvenuto su due fronti: il primo nella capitale Oslo, quando alle 15:25 Breivik fece esplodere un’autobomba nella zona dei palazzi governativi provocando la morte di otto persone; il secondo invece sulla piccola isola di Utoya, non lontana da Oslo, dove sbarcò intorno alle 17 a bordo di un’auto piena di armi, con l’obiettivo di seminare il terrore al campus estivo della Lega dei Giovani Lavoratori, un movimento giovanile associato al Partito Laburista norvegese, dove morirono altre 69 persone.

Per oltre un’ora Breivik, all’epoca 32enne, seminò il panico sparando a decine di persone e ferendone almeno un centinaio, prima dell’intervento delle speciali della polizia norvegese, cui non oppose resistenza. La più giovane tra le vittime aveva soli 14 anni, la più anziana 51 anni: tantissimi giovani riuscirono a salvarsi gettandosi tra le acque del lago Tyrifjorden, altri invece furono uccisi da Breivik nel tentativo di scappare o di nascondersi, o di fingersi morti.

Il processo nei confronti di Breivik durò poco più di due mesi e iniziò nell’aprile del 2012: il 32enne venne ritenuto colpevole della morte di 77 persone, tra cui le 8 di Oslo, e condannato alla pena massima prevista dall’ordinamento norvegese, ovvero 21 anni.

Il sistema giudiziario locale prevede però ulteriori pene per le persone che rimangono un pericolo per la società e al momento appare difficile che possa ottenere la libertà condizionale: da parte sua Breivik non si è pentito, anzi, negli anni trascorsi in carcere si è potuto iscrivere all’Università di Oslo per studiare Scienze Politiche e mettere a punto il suo personale ‘manifesto’ a base di ideologia neonazista.

Un mancato pentimento evidenziato anche dall’incredibile scena avvenuta nel corso di una udienza del 2017 alla quale Breivik si presentò facendo il saluto romano e dichiarando che i principi del Mein Kampf di Adolf Hitler “sono le uniche ragioni per cui sono in vita oggi”. Per questo, osservò il pubblico ministero Fredrik Sejersted, Breivik “non ha avuto esaurimenti nervosi, non ha espresso alcun rimorso, è orgoglioso di quello che ha fatto. Semmai, stando a quanto abbiamo rilevato, è ancora più convinto delle sue posizioni di estrema destra”.

Posizioni alle quali si era avvicinato da adulto, dopo una adolescenza difficile a causa dei rapporti complicati col padre, i fallimenti nel tentativo di entrare nell’esercito o di trovare un lavoro stabile. Breivik si era quindi avvicinato a partiti e movimenti di estrema destra norvegese, condividendo anche platealmente le sue idee razziste, omofobe, complottiste, non nascondendo la volontà di cambiare il mondo con la violenza.

Breivik aveva anche presentato ricorso contro lo Stato norvegese a causa delle proprie condizioni carcerarie giudicate “disumane e umilianti” nel 2016 e in prima istanza il ricorso era stato parzialmente accolto, poi rigettato in appello l’anno dopo. Aveva fatto di nuovo ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che l’aveva respinto nel giugno 2018, giudicandolo “manifestamente infondato e irricevibile”.

Le stragi di Oslo e Utoya era stata accuratamente preparata dall’allora 32enne, che negli anni precedenti era riuscito ad accumulare un vasto arsenale di armi: Breivik sbarcò sull’isola senza essere controllato, spacciandosi per un poliziotto inviato a controllare e proteggere gli ospiti del campus dopo l’attacco di Oslo.

Il massacro compiuto da Anders Breivik, che durante il periodo di reclusione ha cambiato il suo nome in Fjotulf Hansen, è diventato negli anni un ‘riferimento’ nella galassia dell’estrema destra. La strage di Christchurch, avventa nel 2019 in Nuova Zelanda, è esplicitamente ispirata alle azioni del terrorista norvegese.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia