Il conclave
Tutti i generali americani convocati martedì a Quantico: tra nuovi comandanti e futuri pensionati. Il dubbio su donne, neri e gay
I casi sono due, anzi tre. Il primo è quello di un’America che chiama il conclave dei generali convocandoli a stretto giro di posta dai cinque continenti per ricevere e coordinare le nuove direttive per la prossima guerra, e ottenere così anche un grande effetto di suspence che dovrebbe provocare emicranie al Cremlino.
Seconda ipotesi: tutti i genarceli americani di terra mare e aria (e spazio) sono chiamati al mattatoio per affrontare la grande purga già cominciata negli ultimi mesi con cui l’Amministrazione intende scremare ed eliminare tutti gli scettici silenziosi e i nemici aperti di Trump, per riorganizzare alla svelta forze armate coordinare e fedelissime dove nessuno mai possa tentennare di fronte agli ordini ricevuti.
Terzo: una combinazione dei primi due obiettivi. Tutti i generali americani sono convocati martedì a Quantico in Virginia dove si svolgerà sia un giudizio universale che separi i buoni destinati al comando, dagli esonerati mandati all’inferno della pensione anticipata. Già sono stati esonerati il primo ammiraglio femmina, un paio di generali neri, forse un gay.
La decisione è stata comunicata giovedì dal ministro della Difesa Pete Hegseth. Chi non lo ha presente farà bene a guardare la sua foto in cui appare perfettamente “fit” per il suo ruolo: fisico perfetto, mascelle quadrate, capelli di uno strano misto biondo-nero con ciuffo scolpito al rasoio. Tutti i suoi tratti sono “wasp” (bianchi, anglosassoni e protestanti) in modo esemplare ed è certamente arduo immaginarlo sorridere. Nota necessaria: Hegseth è formalmente “Segretario”, cioè Ministro, della Difesa, ma di lui tutti parlano come del “Segretario alla Guerra”, non più alla Difesa. Tutti i Paesi del mondo, compresa l’Italia prefascista avevano un Ministro della Guerra, considerata “il proseguimento della politica con altri mezzi” secondo la famosa definizione di Carl von Clausewitz, Dal 1945 tutti i Paesi accolsero il divieto formale della guerra non più legittimata dalla politica e scelsero la formula del ministero del ministro della Difesa, e non della guerra. Hegseth vuole essere un ministro della guerra.
L’annuncio della riunione secondo il New York Times che è di sinistra e poco amichevole verso il Presidente, avrebbe causato subito una tempesta di ansia e preoccupazione tra i vertici militari in un periodo in cui Hegseth ha già licenziato un bel po di alti ufficiali. Quattro portavoce dell’esercito hanno confermato che i convocati saranno poco meno di 1000 tra cui 44 generali a quattro stelle. Il presidente Trump, subito assediato dai giornalisti, ha fattolo gnorri: “Non ne sapevo niente ma penso che il nostro Hegseth voglia fare una bella chiacchierata con tutti i generali e ammiragli americani che lavorano nel mondo. Non fatevi strane idee e ricordate che io sono il presidente della pace”. Il suo vice JD Vance ha subito aggiunto che non è affatto raro che generali americani vengano riuniti per riferire al “”ministro della Guerra” il quale poi riferisce il presidente degli Stati Uniti e mi sembra che voi ragazzi, vi siete buttati un po’ troppo a precipizio in questa storia”.
La Casa Bianca si trincera dunque dietro l’anomala normalità di un fatto abbastanza allarmante in continuità con il ruolo di tagliatore di teste assegnato ad Hegseth che ha già fatto fuori il 20 per cento degli ufficiali a quattro stelle e il dieci di tutti gli altri licenziando molti altri gradi per ottenere un vertice militare omogeneo nel caso che l’America decida di prepararsi alla guerra. Hegseth ha già eliminato il nero generale Charles Q. Brown Jr. e l’ammiraglia Lisa Franchetti. Il portavoce del Pentagono Sean Parlell si è sbottonato meno di tutti e non ha voluto dire una parola di più. Il governo di Donald Trump cerca dunque di far apparire una cosa normale questa improvvisa convocazione, ma più o meno tutti la mettono in relazione con gli ultimi sviluppi di politica estera in cui di nuovo gli Stati Uniti assumono una posizione antirussa fino al confronto armato.
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