La ricostruzione dell'incontro
Zelensky e Trump: la richiesta di protezione militare futura che ha fatto saltare tutto

Trump e Zelensky si sono quasi presi a schiaffi nello Studio Ovale della Casa Bianca. I giornalisti sono stati allontanati, le urla si sentivano dall’esterno e non si era mai visto nulla di simile nella storia degli Stati Uniti e in quella delle relazioni internazionali. Zelensky ha accusato Trump di speculare sulla disgrazia del suo paese e di volersi impossessare della fortuna mineraria delle terre rare, senza però voler concedere alcun impegno americano a intervenire nel caso in cui la Russia, dopo un’eventuale tregua, torni a invadere l’Ucraina. Su questo punto si erano vanamente spesi sia il presidente francese Emmanuel Macron che il primo ministro inglese Keir Starmer. Tutto inutile. Zelensky non ha accettato e Trump gli ha urlato: “State giocando con la vita di milioni di persone. State giocando con la Terza guerra mondiale e tutto ciò è irrispettoso nei confronti di questa amministrazione”. Sottoscrivendo il patto, Zelensky avrebbe dovuto far accollare al suo paese un debito di 500 miliardi di dollari (calcolato da Trump) e accettare il fatto che gli Usa non prendessero alcun impegno per difendere l’Ucraina nel caso di un nuovo attacco della Russia.
Tutto chiaro fin dall’inizio
Che non tirasse buon vento si era capito dal modo sfottente in cui Trump aveva apostrofato Zelensky al suo arrivo: “Ma come sei elegante! Avete visto? Si è vestito bene”. Un’ora dopo Zelensky se ne andava sbattendo la porta e rendendo impossibile la conferenza stampa prevista. È stata una rottura frontale e il punto di rottura era chiaro dall’inizio: Trump vuole licenza di sfruttamento minerario ma non prende impegni per difendere Kiev da un nuovo attacco russo. Trump era stato messo sotto pressione in questi giorni sia da Macron che da Starmer, facendo entrambi acrobazie diplomatiche e sorrisi. Ma il presidente francese non aveva esitato a fermare Trump mentre dava una versione filorussa dei fatti, dicendogli: “No, mio caro. I fatti reali non sono andati così e adesso te lo spiego”.
La protezione per una nuova aggressione come fulcro
Trump non ha voluto concedere alcuna certezza di voler difendere l’Ucraina ma al massimo, e dopo molti stenti, aveva velatamente aperto alla proposta inglese di un “backstop”, che vuol dire rete di protezione, ripetendo che “mai, in nessun caso manderò un solo soldato in Ucraina”. Macron, con tono audace e sorridente, aveva contraddetto pubblicamente Trump ripetendo dallo Studio Ovale che la Russia è l’aggressore e che l’Europa ha sostenuto economicamente l’Ucraina più degli Stati Uniti. E quando ha risposto in francese ai giornalisti, Trump aveva detto: “Non ho capito una sola parola, ma la lingua che parli è incantevole”. Da due giorni chi segue questa fase della vicenda ha cercato nei dettagli e nelle battute la traccia per capire se alla fine Trump avrebbe offerto a Zelensky l’unica cosa che l’Ucraina vuole, sia pure pagandola a un prezzo esorbitante: la certezza di una protezione militare in caso di nuova aggressione. Ha scelto di non andare oltre il generico backstop che non impegna formalmente nessuno. Su questo punto è avvenuta la rottura. Del resto, solo pochi giorni fa Trump aveva detto che “Zelensky è un dittatore che sta al potere senza essere eletto”.
Mantenere la schiena dritta
E Starmer, nel corso della cena nella “Trump Tower” sulla Fifth Avenue di New York, gli aveva detto: “Si ricordi che durante le guerre non si tengono elezioni. In Inghilterra Winston Churchill governò finché non vinse la guerra”. Si aspettava di sapere se Zelensky avesse deciso di firmare comunque l’accordo in cambio solo di buone parole non vincolanti dopo il lavoro preparatorio dell’accoppiata Macron-Starmer. Malcolm Turnbull, ex primo ministro australiano che conosce bene Trump, ha detto al New York Times: “L’importante è che i suoi interlocutori mantengano la schiena dritta e dicano non solo quel che pensano, ma che vogliono essere schierati con l’Ucraina contro Putin e fargli capire che la sua scelta di campo a favore di Putin è stata devastante per il prestigio dell’America nel mondo”. Era a cena anche John Healey, segretario alla Difesa britannico che viaggia col primo ministro. Healey ha recentemente definito Trump “un neo-nazista razzista e sociopatico”. E sedeva a una cena in cui evidentemente si giocava a carte scoperte. Trump, d’altra parte, non nutre alcuna passione ideologica, perché quel che a lui interessa è trattare, usare un linguaggio violento salvo poi arretrare, pur di vincere.
Gli umori UK
Persino lo stato delle relazioni culturali fra i popoli di lingua inglese sembra malato: le sparate di Trump contro il Canada, minacciato di annessione, hanno spinto Ottawa a chiedere alleanza a Londra e a Bruxelles. Si prevede intanto che da subito si riduca il flusso turistico canadese, che porta milioni di turisti e milioni di dollari negli States. Gli umori si colgono anche nei talkshow delle due sponde atlantiche in cui la pronuncia britannica è derisa quanto quella americana nel Regno Unito. Inoltre si profilano grane per Starmer che è laburista, dunque su una posizione apparentemente incompatibile con quella di Trump e con l’elettorato inglese. Starmer, tuttavia, è un duro: ex procuratore anticrimine, uomo d’ordine scatenato contro l’immigrazione clandestina e poi antirusso fino al midollo come solo gli inglesi sanno esserlo da quando sei aristocratici di Cambridge, capeggiati da Kim Philby, negli anni Trenta furono reclutati dal NKVD (predecessore del KGB), con tutta la scia di rifugiati russi a Londra che Putin – secondo una sentenza del procuratore speciale sir Robert Owen – fa ammazzare dai suoi sicari. Nel Regno Unito soltanto un folle potrebbe dire ciò che Trump dice di Putin e dei suoi oligarchi, cui vorrebbe peraltro vendere per soli quattro milioni di dollari una “Golden Card” riservata ai miliardari, non importa se criminali. Starmer ha ottenuto un successo che rischia di pagare caro in patria, dove l’idea di cenare e trattare con l’odiato tycoon della Casa Bianca è considerato un oltraggio alla tradizione britannica.
© Riproduzione riservata