Il viaggio di Zelensky in Europa – e in particolare a Roma, Berlino e Parigi – non ha reso la pace più vicina ma ha permesso finalmente di capire meglio le prospettive dello scontro tra Ucraina e Russia. L’informazione più l’importante sul piano militare e che Kiev non è ancora pronta per la attesa controffensiva di primavera visto che ormai siamo all’inizio dell’estate e il presidente ucraino chiede insistentemente proprio le armi, aerei da combattimento in particolare, che dovrebbero permettergli di scatenarla.

E di fronte alla prospettiva della grande controffensiva le nazioni europee sono dalla parte dell’Ucraina, ma al tempo stesso preoccupate per la rigidità di Zelensky che non vuol saperne di sedere a un tavolo con i russi prima che i russi abbiano rinunciato alle loro conquiste territoriali. Ma i russi per ora non hanno dato il minimo segno di voler cedere un solo metro di quanto hanno preso con la forza. E se da una parte Volodymyr di Kiev non vuole smettere di combattere, dall’altra parte Vladimir di Mosca non accenna a ritirarsi ma anzi accusa l’occidente, sia l’Europa che gli Stati Uniti e il Regno Unito, di volere la distruzione della Russia. Il che è perfettamente falso ma costituisce una accusa sufficiente per mantenere attiva l’opzione nucleare. In parole povere Putin messo alle strette, minaccia di fare come Sansone che preferì morire con gli invasori filistei facendo crollare il tempio.

Quanto sia reale la minaccia del ricorso alle armi nucleari nessuno è in grado di valutarlo, ma l’incubo è concreto e questo è un dato di fatto. Zelensky ha detto di no a una meditazione di Papa Francesco il quale del resto non aveva da offrire molto di più, al di là delle forti parole di condanna per la deportazione di migliaia di bambini ucraini in Russia, se non il canale aperto con il capo della Chiesa ortodossa russa Kyrill, il quale è totalmente schierato con il Cremlino ma al tempo stesso sempre più preoccupato per le decine di migliaia di giovani russi mandati al macello. Dunque, il Papa di Roma può offrire soltanto una pressione morale sul Papa di Mosca affinché ammorbidisca lo zar e il suo circolo militare.

In Italia la fermezza di Giorgia Meloni nel dichiararsi totalmente solidale con il popolo e il governo ucraino ha profondamente irritato il leader Cinque Stelle Giuseppe Conte che in una intervista alla Stampa accusa il governo di promuovere la guerra per far passare in secondo piano i problemi interni del Paese.

Le tappe più produttive del viaggio di Zelensky sono state quelle di Berlino da Olaf Scholz e a Parigi da Emmanuel Macron, perché entrambi hanno promesso l’invio immediato di armi utili sul campo di battaglia. Il cancelliere tedesco ha promesso la consegna di aerei e carri utili soltanto sul territorio ucraino ma non per un contrattacco sul territorio russo.

Anche Rishi Sunak ha avuto un incontro con Zelensky a Londra in cui ha confermato le forniture richieste da Zelensky sulla linea di Joe Biden: tutte le armi a Kiev perché possa difendersi e ricacciare l’invasore, ma senza avere come scopo l’abbattimento del governo di Mosca che la Casa Bianca e il dipartimento di Stato considerano indesiderabile perché potrebbe portare al collasso dell’integrità territoriale della Russia asiatica favorendo gli appetiti di Pechino.

Zelensky quindi ha fatto shopping in Europa cercando di portare a casa tutto il materiale bellico che ancora gli manca, e questa è stata la notizia più importante sul fronte di guerra, per la famosa ma per ora inesistente grande controffensiva. Vero è che ha potuto schierare sul campo molte nuove brigate di soldati ben addestrati in Europa specialmente in Germania e in Francia. Ma anche Nel Regno unito e negli Stati Uniti, che sono già state schierate sul campo con il risultato di far arretrare le truppe russe di parecchi chilometri. Questa vasta operazione di compattamento europeo sulla fornitura a Kiev di armi utili alla difesa sul territorio invaso, ma non spendibili contro il territorio russo, ha accelerato i processi di divisione all’interno delle forze armate russe perché nel corso del viaggio di Zelensky si è appreso che il capo del battaglione Wagner, Evgenij Prigozhin nel corso della sua brutale lite con Putin, ha offerto a Kiev notizie strategiche sullo schieramento russo in cambio di un ritiro ucraino da Bakhmut. Prigozhin voleva vendere la sicurezza militare russa pur di ottenere una sua vittoria personale.

Questa rivelazione ha fatto scalpore e è stata accolta dagli analisti come un’ulteriore frattura nei vertici del Cremlino. In quella frattura si inserisce l’azione francese che punta alla vittoria di una cordata anti Putin con il tacito assenso di Pechino visto lo sfarzoso livello di accoglienza imperiale che Xi Jinping ha offerto al Macron. C’è dunque una parte dell’Europa che si separa nettamente dalla posizione americana che vorrebbe compattare tutti i paesi occidentali in un fronte unico anticinese.

Nessuno tra i leader europei ha potuto trovare elementi persuasivi per convincere Zelensky a dichiararsi pronto per un negoziato prima di aver scacciato l’esercito invasore, e stando al Wall Street Journal, Francia, Germania e Regno Unito, hanno avanzato una proposta molto audace: offrire all’Ucraina una adesione non formale alla Nato che la metterebbe al riparo una volta e per sempre da qualsiasi minaccia russa, in cambio di qualche cedimento sul Donbass le due repubbliche auto proclamate e naturalmente la Crimea, cioè le aree che Mosca rivendica perché abitate da russofoni. Finora le richieste di adesione alla Nato da parte dell’Ucraina avanzate dal 2014, erano state tutte respinte proprio per il fatto che questo Paese si trovava già in stato di conflitto con la Russia e quindi una sua adesione avrebbe potuto costringere l’intera alleanza a muovere guerra la Russia in caso di aggressione.

Non si ha idea ancora se e come il governo di Kiev abbia accolto questa ipotesi che avrebbe il pregio di imporre un cessate il fuoco a Putin concedendogli in cambio molti territori rivendicati. Ma Putin si troverebbe in questo caso a fronteggiare l’incubo di cui ho sempre parlato: la Nato ufficialmente ha le sue frontiere anche se non con le sue bandiere, perché il piano di Londra, Parigi e Berlino renderebbe l’Ucraina un membro non formale nella Nato ma militarmente protetto da tutti i paesi occidentali.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.