Il gruppo Wagner, la compagnia russa di mercenari guidata da Evgheni Prigozhin, ha assunto un ruolo di primo piano nella guerra in Ucraina sia dal punto di vista militare che politico. Ma mentre a Bakhmut lo “chef di Vladimir Putin” accusa le forze armate di Mosca di mandare a morire i soldati senza munizioni e rifornimenti, la sua compagnia continua a consolidarsi in Africa. Dalla Libia fino all’Africa centrale, dal Sahel fino al Sudan, la rete di Prigozhin appare estesa e profonda, al punto da apparire quasi intaccata dal coinvolgimento diretto sul fronte del Donbass.

La rivista americana “Foreign Affairs” ha addirittura ipotizzato che anche in caso di una sua sconfitta in Ucraina, la Wagner rimarrebbe comunque una spina nel fianco dell’Occidente, e questo proprio per la sua capacità di penetrare in Paesi fragili, instabili e in cui i governi locali hanno un disperato bisogno di armi, forze già addestrate e istruttori. Tutti servigi che vengono offerti da Prigozhin in cambio di accordi commerciali, piena libertà di movimento e di inserimento nei settori economici di maggiore interesse di quei Paesi. Non è un caso quindi che negli ultimi anni, complici clamorosi errori strategici da parte delle maggiori potenze europee impegnate in Africa, siano cresciuti in maniera esponenziale i rapporti tra molti Stati di questo continente e la Russia.

Dietro a un’intensa campagna politica e di propaganda del Cremlino per assicurarsi le opinioni pubbliche e i vari gruppi armati, si è infatti osservata una sempre maggiore penetrazione degli uomini della Wagner, che hanno blindato la propria presenza in cambio di accordi economici con cui hanno allargato e arricchito l’impero dello “chef”. Un impero che, specialmente in Africa, appare pienamente in linea con l’agenda di Putin, interessato ad avere nel continente una legione più o meno fantasma in grado di aiutare gli alleati della Russia, rafforzare la rete di interessi in campo minerario ed energetico, ma soprattutto di radicarsi nelle aree di crisi per rendere Mosca un fondamentale ago della bilancia della loro (in)stabilità.

L’allarme che arriva dalle colonne di “Foreign Affairs” va letto insieme ad altri due temi connessi alla Wagner. Il primo riguarda i documenti trapelati da Oltreoceano e che segnalano come l’intelligence Usa sia preoccupata dalla creazione di una rete di Stati antioccidentali da parte dei mercenari russi. Uno scenario non così distante dalla realtà, posto che molti regimi africani trovano più facile legarsi ai contractors di Mosca che ai potenziali partner europei o atlantici. Il secondo tema è invece quello della designazione della Wagner come organizzazione terroristica e che sembra aprire a uno scenario in cui Paesi europei e alleati extra Ue considerano questa “legione straniera” del Cremlino una rete al pari di sigle islamiste già presenti in Africa.

La scelta politica è certamente forte, ma alcuni osservatori si chiedono se una realtà come quella dei Paesi in cui già opera il gruppo Wagner possa davvero essere intaccata da questa condanna politica ed eventualmente giuridica europea. Questi dubbi, che non riguardano il giudizio sull’impero di Prigozhin quanto l’efficacia concreta del regime sanzionatorio per un gruppo ampiamente estraneo al diritto internazionale, rendono ancora più complessa la sfida a questo esercito di mercenari. Al netto della condanna, il timore è che Stati Uniti ed Europa non siano in grado di costruire un’agenda che eviti proprio quei vuoti e quelle crisi dove la Wagner offre invece un “aiuto” rapido e soprattutto scevro da antichi legami coloniali. E tanti studiosi sottolineano che l’arrivo dei contractors di Mosca in Africa è il frutto proprio della disperazione di molti Paesi unita all’inadeguatezza delle ricette messe a punto dall’Europa o dagli Usa, spesso non troppo attente alle dinamiche del continente o poco pragmatiche.

Gli effetti di questa sottovalutazione sono ormai evidenti. L’impero dello “chef di Putin” si è stabilito in tutte le aree di crisi che si ripercuotono poi sull’Europa, e non solo per quanto concerne il traffico di esseri umani. In Mali, la Francia si è ritirata lasciando spazio ai mercenari russi. Nel Sudan in guerra civile, Prigozhin ha interessi che prescindono ormai anche da chi prenderà il potere. In Repubblica centrafricana ci sono stati addirittura cortei a sostegno di Cina, Russia e Wagner. E i mercenari di Putin da anni sono presenti in Libia, a poche miglia dalla frontiera italiana ed europea.