Tre le ipotesi in campo sul presunto tentativo di uccidere Vladirmir Putin. Un attentato diretto da Kiev, un attacco interno sotto false flag (falsa bandiera) da parte di spie o dissidenti interni o, infine, una messinscena della propaganda russa per alimentare terrore e giustificare possibili azioni future. L’unica certezza di quanto avvenuto nella notte tra il 2 e il 3 maggio al Cremlino a Mosca è che c’è stata una esplosione che, stando a quanto riferito dal governo russo, non ha provocato feriti né danni alla struttura, sede dell’Esecutivo guidato da Putin.

Per i russi non ci sono dubbi: i due droni ucraini sono stati abbattuti mentre cercavano di colpire il cuore del governo di Mosca. Un attentato sventato dalle contraeree. Un attentato, sempre secondo Mosca, ai danni di Putin che, tuttavia, non si trovava in quel momento all’interno della struttura. Un attentato che porta il Cremlino a valutare “misure di ritorsione dove e quando lo riterrà opportuno” (se non è propaganda questa!). 

Dal canto suo l’Ucraina ha smentito tutto, negando qualsiasi coinvolgimento e aprendo a possibili faide interne al governo russo.  “Non abbiamo attaccato Putin o Mosca”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky . “Noi stiamo combattendo sul nostro territorio difendendo le nostre città e villaggi. Non abbiamo abbastanza armi per poterlo fare. Non attacchiamo Putin, lo lasciamo al tribunale”, ha aggiunto Zelensky.

MOSCA ACCUSA STATI UNITI – Ventiquattr’ore dopo l’attacco al Cremlino, il portavoce Dmitrij Peskov chiama in causa gli Stati Uniti: “I tentativi di negare questo (attacco) sia da parte di Kiev che di Washington sono, ovviamente, assolutamente ridicoli. Siamo ben consapevoli che le decisioni su tali azioni e su tali attacchi terroristici non vengono prese a Kiev, ma a Washington. E Kiev sta già facendo ciò che gli Stati Uniti le dicono di fare”, ha aggiunto Peskov. “E’ molto importante – ha aggiunto il portavoce – che Washington capisca che noi sappiamo questo e si renda conto di quanto sia pericoloso un tale coinvolgimento diretto nel conflitto”. Peskov ha detto che la Russia sta ancora valutando quale rappresaglia mettere in atto, sottolineando che ne esiste un’ “ampia varietà”. “Naturalmente non posso fornire dettagli”, ha insistito il portavoce, ma i passi che saranno intrapresi saranno “ben meditati e nell’interesse del nostro Paese”.

LA POSIZIONE DELLA CASA BIANCA – Ieri il governo americano si era mostrato scettico sul presunto attentato al Cremlino e soprattutto alla vita di Putin. L’ipotesi battuta dagli analisti di Joe Biden è quella di un atto dimostrativo a scopo di propaganda, nel tentativo di consolidare la posizione interna nel Paese sulla dispendiosa (in termini economici e di vite umane) guerra in Ucraina. La portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha ripetuto che gli Usa non sono in grado di confermare l’autenticità delle notizie venute dalla Russia, aggiungendo che “fin dall’inizio del conflitto abbiamo incoraggiato gli ucraini a non colpire oltre i loro confini”.

LA PROPAGANDA – Della stessa opinione anche il generale italiano Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare e presidente della Fondazione I.C.S.A. (Intelligence Culture and Strategic Analysis) uno dei più prestigiosi think tank militari italiani. Intervistato da Il Giornale, il generale ha spiegato che “un attacco di questo tipo (con droni, ndr) è teoricamente possibile. Ma è molto difficile che una operazione del genere sia riuscita agli ucraini. I droni possono essere usati a così grande distanza solo con un sistema satellitare che consenta di guidare il drone ben oltre la linea di orizzonte”. Senza riscontri terzi, “il fatto importante, e da tener presente, è che, in questo caso, gioca un grande ruolo la propaganda” chiarisce Tricarico.

 

 

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