Il settimanale britannico Economist giudica infondati gli iniziali proclami, soprattutto Usa, sulla capacità delle sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia per l’invasione dell’Ucraina di mettere rapidamente in ginocchio Mosca: “La speranza che lo stato dell’economia russa avrebbe costituito una qualche forma di limitazione alla guerra è svanita”.

Anche se lo stesso Vladimir Putin ha ammesso che gli effetti delle sanzioni occidentali stanno iniziando a farsi sentire. L’Economist titola: “L’economia russa può sopportare una guerra lunga, ma non una guerra più intensa”, e nel corollario scrive: “La domanda non è tanto se la Russia possa sopportare una guerra di logoramento ancora più lunga (può farlo), ma se può sostenere il tipo di intensificazione del conflitto di cui la Russia avrà probabilmente bisogno per trasformare le sue prospettive sul campo di battaglia. Questo appare quasi impossibile”. Che in breve si potrebbe tradurre con “l’economia russa non impedirà al Cremlino di condurre una guerra lunga, ma gli impedirà di vincerla”.

A giudizio dell’Economistla burocrazia russa ha messo a segno tre imprese negli ultimi 14 mesi. Ha trovato il modo di resistere alla raffica di sanzioni annunciata da Blinken (segretario di Stato Usa, ndr). Ha fornito abbastanza uomini e materiale per alimentare l’invasione russa. E tutto questo è stato fatto senza un brusco calo del tenore di vita, che potrebbe provocare disordini popolari. Ma qualsiasi tentativo di intensificare il conflitto annullerebbe inevitabilmente questi successi”.

I motivi per cui le sanzioni contro Mosca non hanno avuto il devastante effetto promesso per il settimanale sono il limitato e talvolta controproducente effetto sugli oligarchi (che in qualche caso hanno potuto appropriarsi di asset lasciati a disposizione dalle aziende occidentali che hanno lasciato la Russia); le misure finanziarie che hanno comunque lasciato aperti alcuni spiragli (vedi il mantenimento di Gazprombank all’interno del sistema Swift); gli acquisti di gas e petrolio russi da parte di Cina e India; le immancabili ‘triangolazioni’ per far arrivare in Russia, tramite Paesi terzi, i beni sottoposti a embargo (senza contare che molti Paesi hanno rifiutato di adottare le sanzioni); l’ottenimento, grazie agli hacker, di software occidentale per l’aviazione civile russa; le notevoli risorse finanziarie russe, accumulate soprattutto grazie all’export di idrocarburi e altre materie prime.

Il prezzo di gas e petrolio sui mercati mondiali sta rendendo più complicato per il Cremlino continuare a mantenere i deficit di bilancio entro limiti sopportabili come la spesa militare ha dinamiche sue proprie, che non possono essere aggirate. Le stime del numero di veicoli blindati distrutti durante la guerra oscillano tra 8mila e 16mila. La Russia ha anche perso molti aerei, droni e sistemi di artiglieria e sta anche cercando di produrre più armi.

Dmitri Medvedev, oggi vicepresidente del consiglio di sicurezza della Russia, ha di recente sostenuto che il Paese produrrà 1.500 carri armati moderni nel 2023. Funzionari hanno anche affermato che vogliono che i droni vengano fabbricati in massa in Russia. Per fabbricare armi avanzate, c’è bisogno di accedere a componenti, di fabbricazione occidentale, “dual-use” (civile e militare) di fascia alta, dai motori ai microchip, che sono difficili da ottenere a causa delle sanzioni.

È vero che Mosca può in parte cercare di supplire alla scarsa qualità degli armamenti con la quantità svuotando i magazzini bellici figli dell’era sovietica e provando a rimodernarli. Questo sembra prendere la strada della guerra di logoramento, non di riuscire a dare una spallata bellica decisiva.

Capitolo reclutamento. “Il Paese prima della guerra aveva circa 17 milioni di giovani. Ma più ragazzi al fronte significa meno di loro negli uffici e nelle fabbriche”, così “nel 2022 il numero di russi occupati di età inferiore ai 35 anni è diminuito di 1,3 milioni,” secondo FinExpertiza, una società di revisione. Ad oggi ci sono 2,5 posti vacanti per ogni disoccupato, cosa che rende il mercato del lavoro russo due volte più a corto di manodopera di quello americano.

Considerando le capacità e i limiti attuali della Russia, essa probabilmente opterà per una campagna di logoramento a ritmo più lento in Ucraina. L’Economist infatti aggiunge: “Putin è riuscito a tenere al riparo l’economia russa dai peggiori effetti della guerra e delle sanzioni – ma in un modo che rende la guerra difficile da vincere”.

Redazione

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