La trattativa è andata avanti, tra scontri e polemiche, fino a tarda serata. E, nel momento in cui questo giornale va in stampa, il risultato non è certo quello che si attendevano i circa 340 dipendenti della Whirlpool di via Argine.
La multinazionale americana, infatti, ha confermato la volontà di chiudere immediatamente la procedura di licenziamento collettivo nonostante la disponibilità di sette imprese e di Invitalia, pronte a dar vita a un consorzio per rilevare lo stabilimento e riassorbire l’intera forza produttiva.

Le lettere di licenziamento, però, non partiranno subito ma da venerdì prossimo. Questo perché gli avvocati della Whirlpool hanno dato l’ok al rinvio dell’udienza del procedimento per condotta antisindacale avviato con ricorso da Fim, Fiom e Uilm. L’azienda ha confermato «la propria disponibilità a lavorare fino al 29 ottobre con l’obiettivo di definire un accordo vincolante con il consorzio e le parti sociali e una transizione entro e non oltre il 15 dicembre». Ma tutto lascia prevedere che sullo stabilimento di via Argine e sull’intera area di Napoli Est, un tempo polo industriale di primaria importanza, siano pronte ad addensarsi fosche nubi. L’annunciato consorzio per salvare il presidio produttivo rischia di aggiungersi così ad altri piani di sviluppo elaborati nell’ultimo decennio per l’area orientale di Napoli e lasciati nel cassetto.

È questo l’effetto della “politica del non fare” che condanna la nostra città all’immobilismo. Eppure l’ex zona industriale partenopea, nota oggi come Napoli Est, è generalmente riconosciuta come un’area con forti potenzialità di sviluppo, indicata addirittura come case study, oggetto di diverse ricerche ed elaborazioni progettuali del mondo accademico e professionale. Con una superficie pari a un quinto della città, per un totale di circa 200mila abitanti, l’ex zona industriale è riconosciuta dal Piano regolatore come unica possibile direttrice di espansione cittadina. Una significativa dotazione infrastrutturale, residuo del suo passato industriale, la connessione diretta col porto, la prossimità col centro storico e la presenza di aree potenzialmente edificabili, ne fanno il sito di riconversione più grande d’Europa, all’interno della conurbazione più grande d’Italia.

Una potenzialità di sviluppo che è stata subito notata dal mondo imprenditoriale: nel 2015 si è costituita Naplest, un’associazione di imprenditori (tra cui Cdp Immobiliare spa, Gesac, Kuwait Petroleum spa, Eni, Sistemi Urbani) per definire progetti di investimento nell’aera, nel quadro del nuovo Piano regolatore generale della città e senza ricorrere a finanziamenti pubblici. L’associazione ha anche predisposto un masterplan che delinea una interessante strategia di sviluppo urbano, sociale ed economico. Ma tutto è rimasto sulla carta, accolto anche con una certa diffidenza dall’amministrazione di Luigi de Magistris. E anche il progetto dell’incubatore sociale per Napoli Est, realizzato dal Servizio mercato del lavoro, ricerca e sviluppo economico definito dallo stesso Comune di Napoli, su iniziativa dell’Assessorato al Bilancio, è rimasto sulla carta.

Nessuna opera di riqualificazione è stata realizzata, tranne qualche albergo e residenza universitaria, e l’insediamento nella ex-Cirio come sede dell’università Federico II. Solo progetti su progetti, ma intanto l’immensa area resta il simbolo della desertificazione produttiva del Mezzogiorno, un’immensa distesa di capannoni dismessi e pericolosi serbatoi di carburante, stretta dal degrado ambientale, dall’abbandono e la marginalità sociale. Solo pochi giorni fa, nello stesso quartiere di Ponticelli, dove è localizzato lo stabilimento Whirlpool, si è riaccesa una guerra di camorra per il controllo del territorio ed è inevitabile che la disoccupazione e la miseria rafforzeranno ulteriormente il dominio del crimine organizzato, che rischia di essere l’unico datore di lavoro in quell’area. La “politica del non fare” aiuta l’attivismo della sempre più potente criminalità. Ecco perché è d’importanza vitale costruire un futuro di sviluppo non solo per via Argine, ma per l’intera area orientale di Napoli.