La possibile crisi di governo innescata dalle dimissioni delle due ministre di Italia Viva non è il frutto solo del bullismo di Renzi ma la conseguenza ultima di sei mesi di immobilismo ingiustificabile di fronte all’intensificarsi della crisi economica e al prolungarsi e aggravarsi della crisi sanitaria provocata dalla pandemia. Questo è stato possibile per i dissensi e le diffidenze sotterranee che caratterizzano indiscutibilmente i rapporti fra Pd e 5 Stelle ma soprattutto per le scelte compiute dal Presidente del Consiglio Conte che, anziché occuparsi di affrontarle e risolverle, le ha utilizzate per accrescere il suo potere personale e per curare la sua immagine pubblica e la sua costante presenza nei mezzi di comunicazione di massa, l’uno e l’altra inversamente proporzionali alle sue capacità di governo.

A peggiorare tutto questo ha concorso la pessima gestione dei provvedimenti di emergenza e dello stesso bilancio dello Stato, avvenuta con scarso rispetto dei principi della democrazia e delle prerogative parlamentari e dominata dall’elargizione di bonus distribuiti a pioggia, come ha documentato il prof. Cassese, con criteri corporativi, lottizzatori e clientelari.

Voi ricorderete come Zingaretti all’indomani del voto sul referendum riguardante la riduzione del numero dei parlamentari tentò di rassicurare gli elettori, e tra essi anche il 50% degli elettori del Pd che avevano votato NO a quel referendum, garantendo che i mesi successivi sarebbero stati occupati da importanti riforme legislative, economiche e istituzionali. Il prof. Celotto commentò quella dichiarazione osservando che «la via dell’inferno è popolata di buone intenzioni». E in effetti qualcuno si ricorda della Commissione Colao e del suo articolato documento conclusivo? O delle ampollose quanto inutili dichiarazioni degli Stati generali di Villa Pamphili? O della complicata struttura che avrebbe dovuto gestire gli investimenti del Recovery Fund, concepita a detta di molti per espropriare il governo e per rispondere direttamente al Presidente del Consiglio e proprio per questo caduta nel vuoto? Tutto questo è stato giustamente cancellato ma non può essere dimenticato. E in tutto questo è evidente la responsabilità di Conte come è evidente la responsabilità del movimento 5 Stelle, del suo stato di confusione di fronte alle responsabilità di governo e della superficialità e del dilettantismo di molti suoi dirigenti e parlamentari. Però Zingaretti non è innocente: ne è allo stesso titolo responsabile, perché ha subito (e tanto peggio se lo ha fatto non condividendoli) l’immobilismo del primo e le indecisioni e la confusione dei secondi.

Ci troviamo al centro di una crisi occidentale e mondiale, che qualcuno paragona a quella degli anni 30 del secolo scorso, che si concluse con l’esplosione della seconda guerra mondiale. E come paese dobbiamo affrontarla nella situazione più delicata e difficile, a causa del nostro enorme debito pubblico, della fragilità e instabilità del nostro sistema istituzionale, della paralisi del nostro sistema amministrativo determinata dall’irrisolto conflitto di poteri tra lo stato e le regioni e da mille intralci burocratici creati dall’ingolfamento legislativo. Per questo l’Ue, in un sussulto di unità, responsabilità e solidarietà, ha deciso il Recovery Fund, denominandolo Next Generation Eu per destinarlo prioritariamente all’ultima generazione dei cittadini europei, protagonista del nostro futuro È una straordinaria opportunità per tutti e in particolare per l’Italia, che, a causa delle sue difficoltà si è vista assegnare la quota più alta e significativa. Perderla sarebbe un disastro, peggio, un crimine commesso ai danni del Paese. E non è vero che l’ultima bozza strappata da Renzi a Conte risolva tutti i problemi. Essa è ancora un elenco di temi e di obiettivi, privo di progetti e di strumenti di attuazione. In questa situazione, di fronte a questa posta in gioco che riguarda il nostro destino, il Pd, che dovrebbe essere la componente riformista della maggioranza, che cosa fa? E cosa fa il suo segretario? Pensa di cavarsela prima utilizzando Renzi come strumento di pressione nei confronti di Conte e poi facendo quadrato intorno a Conte contro Renzi? Sarebbe da irresponsabili. Il Pd rischia di essere travolto dal proprio tatticismo, dalla politica opportunistica del rinvio, dalla scelta costante del meno peggio.

È vero infatti che in questa situazione, dominata dalla doppia crisi sanitaria e pandemica, la crisi di governo agli occhi di tutti non può non apparire un atto di irresponsabilità, ma ad una condizione: che essa possa essere superata sconfiggendo l’immobilismo e dimostrando la capacità di predisporre progetti davvero suscettibili di facilitare la ripresa e il rilancio della nostra economia. Al di fuori di questo, la crisi è nei fatti e non può essere superata o misconosciuta con accorgimenti opportunistici e attendisti. Zingaretti abbia il coraggio di parlare forte e chiaro. Abbia il coraggio della propria responsabilità di leader riformista.

P.S. Sono un radicale di +Europa, noto per non essere all’interno del mio movimento un antipatizzante pregiudiziale del Pd. Al contrario non ho citato a caso quel 50% di elettori del Pd che, secondo l’Istituto Cattaneo, hanno votato NO al referendum sulla riduzione dei parlamentari, votando quindi come chiedeva e proponeva +Europa e non come chiedeva e proponeva Zingaretti. Sono uno che, senza settarismi, considera un valore e non un disvalore questa contiguità con le aspirazioni riformiste della base del Pd e con le dichiarazioni di intenzioni della sua stessa classe dirigente (purché non siano destinate a “lastricare la strada dell’inferno” che porterebbe direttamente al default finanziario dell’Italia e alla crisi dell’Unità Europea). Sbaglierebbero dunque i dirigenti del Pd a considerare questo appello come un intervento dettato da intenti solo tattici o da interessi di bottega. Abbiamo scelto la strada di una opposizione costruttiva. Guardiamo solo agli interessi del Paese e al contributo che da esso può venire alla soluzione della crisi economica che rischia altrimenti di essere devastante.

Forse proprio per questa ragione il segretario del Pd ritenne di attaccare +Europa all’indomani di quel referendum. Ma lo inviterei a riflettere anche su questo: se sia davvero opportuno per il Pd, in nome dell’unità con i 5 Stelle e nella ricerca spasmodica di cd. “responsabili”, fare terra bruciata intorno a sé di ogni altra forza riformatrice, liberaldemocratica e liberalsocialista che non sia solo postcomunista. Ed è una domanda che – ai fini di poter competere davvero con il centro destra – riguarda, credo, l’intero Pd: da Orlando a Marcucci, da Franceschini a Delrio, da Serracchiani a De Micheli, da Gualtieri a Orfini a Zanda.