L'allarme sui settori produttivi
Achtung Contagio: la crisi del modello tedesco imballa l’Europa e se si ferma la Germania è un problema per tutti
L’Unione Europea debba fronteggiare oggi una crisi simultanea assai preoccupante e pericolosa dei due suoi maggiori Paesi fondatori, Germania e Francia. In ballo c’è il futuro stesso del nostro continente.
I dati trimestrali di contabilità nazionale diffusi dall’Ufficio statistico tedesco Destatis venerdì 25 agosto gettano nuova luce sulle dinamiche della crisi economica della Germania. Dopo essere diminuito congiunturalmente dello 0,4% nel quarto trimestre del 2022 e ancora dello 0,1% nel primo trimestre del 2023, il PIL tedesco è rimasto invariato nel secondo trimestre. Senza dimenticare che aveva già fatto registrare una lieve frenata dello 0,1% nel secondo trimestre dello scorso anno. Con ciò vengono confermati i dati della prima stima preliminare sul PIL del secondo trimestre. La novità sta nella comunicazione delle statistiche disaggregate dell’andamento economico sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta su cui vale la pena di soffermarci.
Innanzitutto appare chiaro l’impatto dell’inflazione, paura atavica dei tedeschi, sui consumi delle famiglie. Infatti i consumi privati sono calati dell’1% nel quarto trimestre 2022, poi ancora dello 0,3% nel primo trimestre di quest’anno, per restare fermi infine nel secondo trimestre con uno 0%. La spesa governativa, dopo essere diminuita nello stesso arco temporale prima dello 0,2% e poi ancora dell’1,9%, ha fatto registrare solo un modesto aumento dello 0,1% nel secondo trimestre. Nel periodo aprile-giugno soltanto gli investimenti in macchinari e impianti sono cresciuti dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti, così come quelli in costruzioni dello 0,2%. La domanda estera netta, con le esportazioni in caduta dell’1,1% e l’import fermo, ha tolto al PIL ben 0,6 punti percentuali bruciando così lo 0,6% parallelo di aumento della domanda interna peraltro sostenuta soprattutto da un contributo di 0,4 punti percentuali dovuto all’incremento delle scorte. Ne scaturisce un quadro con una economia chiaramente stagnante dopo la recessione tecnica di due trimestri occorsa tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. Bloccata dalla frenata dei consumi privati sul fronte interno e dalla debolezza delle esportazioni su quello estero.
Il quadro dei settori produttivi non è meno rassicurante. La produzione industriale complessiva è diminuita congiunturalmente dello 0,5% nel quarto trimestre 2022, dello 0,3% nel primo trimestre 2023 e ancora dello 0,6% tra aprile e giugno, pur facendo registrare in quest’ultimo trimestre un timido piccolo recupero dello 0,1% della produzione manifatturiera. Male nel secondo trimestre 2023 il commercio, trasporti, turismo con un calo dell’1,4% e il settore finanziario con un -2,1%, con il solo settore dell’informazione e delle comunicazioni in progresso dell’1,1%. Nel complesso il valore aggiunto dell’economia tedesca è diminuito congiunturalmente dello 0,5% rispetto al primo trimestre dell’anno, sicché è chiaro che la dinamica dei settori produttivi della Germania è persino peggiore di quella che appare dalla semplice lettura del PIL. 
In un recente articolo sul settimanale Piazza Levante dal titolo “La crisi dell’economia tedesca. Una grande alleanza tra Germania, Italia e Francia per rimettere l’industria al centro dell’Agenda europea”, il presidente di Federacciai Antonio Gozzi ha sottolineato come la crisi dell’economia tedesca non sia soltanto congiunturale ma abbia connotazioni strutturali, essendo venuti meno i due pilastri che avevano sostenuto l’espansione produttiva e commerciale della Germania fino alla pandemia e alla guerra russo-ucraina, cioè il gas naturale abbondante e a basso prezzo proveniente dalla Russia di Putin e l’intreccio commerciale-tecnologico con il gigante cinese. Il tutto accompagnato da una grande confusione strategica sul futuro del settore auto già indebolito dal dieselgate, da una dinamica demografica declinante e dall’ascesa politica di AFD (Alternative für Deutschland), un partito populista di estrema destra che ipotizza addirittura l’uscita della Germania dall’Unione Europea e un’intesa privilegiata con Russia e Cina, il quale veleggia nei sondaggi intorno al 20% dei consensi.
Se consideriamo che anche la Francia si trova in un equilibrio politico ed economico assai instabile, con un debito pubblico che nel primo trimestre del 2023 ha superato i 3.000 miliardi di euro ed è cresciuto di ben 661 miliardi negli ultimi quattro anni, si può capire come l’Unione Europea debba fronteggiare oggi una crisi simultanea assai preoccupante e pericolosa dei due suoi maggiori Paesi fondatori. E la conseguenza di ciò è che anche la progettualità europea in un momento di grandi cambiamenti geopolitici e geoeconomici come quello attuale risulta gravemente compromessa, mentre servirebbe invece visione e compattezza per concepire una strategia di riposizionamento e di rilancio economico e competitivo del continente. Il futuro della stessa Unione europea potrebbe venire messo a repentaglio da un possibile ripiegamento nazionalista da parte della Germania e da una crisi socio-economica forte della Francia, alle prese con difficili riforme non più rinviabili e un semi-fallimento del suo modello di integrazione etnica, per non parlare degli insuccessi diplomatici transalpini nel continente africano, con la crisi in Niger che è solo l’ultimo tassello di una “grandeur” irrimediabilmente perduta.
La recessione-stagnazione della Germania sta nel frattempo determinando anche notevoli ripercussioni negative tra le sue economie “satelliti” nel Nord Europa. La Cechia ha avuto una recessione tecnica nel terzo e nel quarto trimestre del 2022 seguita da una stagnazione nei primi due trimestri di quest’anno. La Polonia sta procedendo a singhiozzo con tre pesantissime diminuzioni congiunturali del PIL nel secondo e nel quarto trimestre 2022 e nel secondo trimestre 2023. L’Estonia è in recessione da sei trimestri sin dal primo trimestre 2022 e vanno male anche Lituania e Lettonia. L’Ungheria è in recessione dal terzo trimestre 2022. L’Austria ha fatto registrare dei cali congiunturali del PIL nel quarto trimestre 2022 e nel secondo trimestre 2023. Infine anche i Paesi Bassi, snodo chiave per i commerci mondiali della Germania, sono entrati in recessione “tecnica” con un doppio calo congiunturale del PIL dello 0,4% nel primo trimestre e dello 0,3% nel secondo trimestre di quest’anno.
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