Laura non ha il minimo dubbio sulla tragedia che ha colpito la sua famiglia. Alessio e Simone Scalamandré, i suoi figli, sono stati condannati dalla Corte d’Assise di Genova a 21 e 14 anni per l’omicidio del padre. Hanno rispettivamente 30 e 22 anni. “I miei figli hanno visto anni di violenze, sono vittime come me”, ha detto la donna. I legali hanno annunciato che ricorreranno in Appello contro la sentenza.

Era il 10 agosto 2020 quando Pasquale Scalamandré, 62 anni, si recava presso l’appartamento dove i fratelli vivevano a Genova, nel quartiere San Biagio. La donna, 56 anni, diploma di segretaria d’azienda, in quel periodo era in Sardegna, in un centro protetto. L’uomo voleva convincere i figli a ritirare le denunce di maltrattamenti nei suoi confronti. La vita della donna con il marito era “semplicemente un inferno – ha detto la donna a Il Corriere della Sera – Ero vessata, umiliata, minacciata, insultata e picchiata anche davanti ai ragazzi, costretti più volte a intervenire per fermare la sua furia”.

L’uomo aveva anche una pistola: la donna raccontato che una volta tutti e quattro avevano cenato con la rivoltella a tavola, una minaccia alla possibilità che lei potesse troncare la relazione. Altre volte erano i ragazzi a disarmarlo. La donna denunciò il marito nel 2019. “Andammo a un veglione con amici. A mezzanotte lui provò a baciarmi, io mi scostai e s’infurio … Mi fu chiaro che dovevo salvarmi: e mi rivolsi al  centro anti-violenze Mascherona e all’avvocata Nadia Calafato che ora difende Simone”.

L’uomo aveva un divieto di avvicinamento alla donna, costretta a cambiare quattro volte domicilio. Fino ad arrivare in Sardegna nel febbraio 2020. La lite esplosa quella sera nell’estate 2020 degenerò nella tragedia: l’uomo venne colpito ripetutamente, con un mattarello e altri oggetti contundenti in casa. La donna ha raccontato di aver saputo cos’era successo qualche ora dopo, quel 10 agosto 2020. Un’amica la telefono dicendole che l’ex era morto. “È rimasto ucciso dopo una lite con i ragazzi. Non è chiaro cosa sia successo”.

Alla lettura della sentenza i due ragazzi erano in aula. Non la madre, che non ha voluto assistere. Non si aspettava quelle condanne. “Sono devastata – aggiunge – Ho atteso a casa l’esito della sentenza nel corso di una mattinata interminabile. Non pensavo a una condanna. Immaginavo che sarebbero state riconosciute le motivazioni che hanno indotto Alessio a difendersi dall’aggressione del padre. Eppure confido che la verità trionfi in Appello. Alessio e Simone nel mio cuore sono innocenti, sono vittime di mio marito esattamente come me”.

A sostegno dei due fratelli è partita anche una mobilitazione, unita dalla pagina Facebook Comitato tutti per Alessio. L’avvocato di Alessio Scalamandrè, Luca Rinaldi, aveva sollevato con il parere favorevole del pm, la questione della legittimità costituzionale dell’articolo di legge previsto dal cosiddetto Codice Rosso, che impedisce che le attenuanti superino le aggravanti in caso di vincolo di parentela. La Corte d’assise, presieduta dal giudice Massimo Cusatti, non ha ritenuto di inviare gli atti alla Corte ma nel calcolo della condanna del più piccolo dei due fratelli, Simone, ha applicato l’articolo 114 del codice penale che fa riferimento al “contributo minimo” dell’imputato nella commissione di un reato in concorso, una delle poche attenuanti che consente di abbattere sensibilmente la pena, come chiesto dall’avvocato di Simone, Nadia Calafato.

“Sentenza che rafforza la nostra convinzione sul fatto che i due imputati in maniera fredda e calcolata abbiano ucciso il loro padre”, il commento degli avvocati di parte civile Stefano Bertone, Irene Rebora e Greta Oliveri. Il caso dei fratelli Scalamandré ricorda quello di Alex Pompa, 21enne, che uccise il padre Giovanni per “legittima difesa” con 34 coltellate. La vittima vessava da anni la moglie e l’altro figlio. La sentenza della Corte d’Assise di Torino lo scorso novembre ha assolto (“il fatto non costituisce reato”) il giovane. Il pm si era detto “costretto a chiedere 14 anni di carcere.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.