Ancora una volta la Procura dovrà fare un passo indietro e tenere le manette chiuse in un cassetto. “Non c’è allarme sociale nei loro profili personali”. Ecco la motivazione con la quale i giudici dell’ottava sezione del tribunale del Riesame di Napoli hanno messo la parola fine alla richiesta di misura cautelare degli arresti domiciliari avanzata dalla procura di Torre Annunziata per il parlamentare di Forza Italia, Antonio Pentangelo, difeso dall’avvocato Cesarano e del senatore Luigi Cesaro, anche lui di Forza Italia, difeso dall’avvocato De Angelis; e di Vincenzo Campitiello, ex funzionario dell’Agenzia delle Entrate, indagati nell’ambito dell’inchiesta sul progetto di riconversione del complesso industriale ex Cirio di Castellammare di Stabia.

“Sono incensurati – scrivono i giudici – e le argomentazioni (dei pm, ndr) non convincono sulla possibile agevole strumentalizzazione delle cariche politiche”. Inoltre, “non appare supportata da nessun elemento indicativo, concreto e recente, idoneo a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare sarebbe chiamata a realizzare”. Insomma: nessun valido motivo per tenerli rinchiusi ai domiciliari. Una vicenda cominciata a maggio dello scorso anno quando dopo le indagini di polizia e guardia di finanza fu emessa un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per sei persone accusate, a vario titolo, di corruzione, abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite. Contestualmente il Gip aveva presentato una richiesta di autorizzazione a procedere per l’arresto di Pentangelo e Cesaro. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le indagini avrebbero fatto luce su un “ramificato sistema di corruzione di esponenti politici, regionali e nazionali, e di pubblici ufficiali”.

A maggio il Senato si era pronunciato sull’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che la Procura aveva indicato al cuore delle accuse e ne aveva autorizzato l’uso di 6 su 28. Di qui, la decisione del gip di Napoli di chiedere alla Giunta l’autorizzazione a procedere con gli arresti domiciliari nei confronti del senatore azzurro sulla base di quelle poche intercettazioni ritenute valide. Una misura cautelare preventiva che secondo la tesi difensiva, appunto, non aveva invece alcuna ragion d’essere.
Intercettazioni e manette, il binomio preferito dalla Procura. Per fortuna, spesso smontato dai giudici del Riesame.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.