L’emergenza coronavirus ha aperto un vasto dibattito sulla scuola: è giusto mandare un figlio a scuola con il rischio di esporlo al contagio? È questa la domanda che si stanno facendo tanti genitori e per questo motivo sta prendendo piede in Italia l’idea dell’homeschooling o, per dirla all’italiana, educazione parentale. Si tratta di un tipo di educazione impartita ai figli direttamente dai genitori o da persone da loro scelte. Uno studente può coprire l’intero percorso formativo, dall’asilo all’università senza mai mettere piede in aula, il tutto in maniera assolutamente legale.

CHE COSA È L’HOMESCHOOLING – Si tratta di gruppi di pochi bambini, 5 o 6, che si riuniscono in una casa e lì seguono un programma di istruzione che non segue necessariamente quello ministeriale. Homeschooling infatti non significa aprire scuole a casa, quelle si chiamano “scuole parentali”, ma organizzare un tipo di istruzione che coinvolge i genitori in prima persona e chiunque abbia voglia di trasmettere competenze.

COME FUNZIONA – In alcuni casi le famiglie preferiscono organizzare una griglia di orari, testi e programmi scolastici, altri scelgono un approccio più “naturale” in cui si assecondano i bisogni degli allievi e le competenze particolari dei tutor o dei genitori “guida”. Non c’è bisogno di avere una particolare qualifica per insegnare nelle homeschool ma basta aver voglia di fare e trasmettere ai più piccoli le proprie competenze.

È LEGALE? – In molti potrebbero storcere il naso alla parola homeschooling ma in realtà è perfettamente legale. L’articolo 34 della Costituzione italiana recita infatti: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Quindi è l’istruzione ad essere obbligatoria, ma non la scuola. E ancora l’articolo 30 della stessa: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”. Una responsabilità dei genitori dunque, in qualsiasi modo decidano di adempiere al loro dovere.

PASSAGGI BUROCRATICI – Certificati, esami e una serie di passaggi burocratici garantiscono agli studenti di essere perfettamente a norma e di pari passo con gli studenti della scuola tradizionale. Basta inviare una comunicazione scritta alla direzione didattica di competenza ogni anno per l’anno successivo segnalando i nomi dei bambini che non si presenteranno a scuola. Il genitore deve allegare inoltre l’autocertificazione attestante le capacità tecniche e le possibilità economiche della famiglia. Questa è una autocertificazione e non implica che voi portiate al dirigente la dichiarazione delle tasse o il vostro diploma/laurea. Lo Stato può fare controlli se ha forti dubbi sull’assolvimento dell’obbligo scolastico , o se la famiglia sfugge ad ogni contatto.

Dal 2018 gli Homeschoolers sono presenti nell’ANS, l’anagrafe nazionale dello studente, il che non significa che siano iscritti a scuola o che compaiano nei registri di classe, ma che al loro nominativo corrisponde la voce “istruzione familiare”. La scelta dell’homeschooling non è per sempre: si può decidere in qualsiasi momento di rientrare nel sistema scolastico tradizionale.
Da giugno 2018, la legge prevede che alunni e studenti che si avvalgono dell’istruzione parentale “sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione” (art. 23 d. lgs. 13 aprile 2017, n. 62). In pratica ogni anno gli homeschoolers possono sostenere gli esami in qualità di privatisti che dovranno rispettare le Linee Guida Nazionale del MIUR sulle valutazioni che parlano di competenze acquisite nel corso degli anni, e non il programma prescelto della scuola.

I COSTI – “C’è talmente tanto materiale gratuito online che potremmo fare homeschooling a costo zero. Ci sono le biblioteche, ci si può accordare tra amici e parenti e tra gruppi di homeschoolers per condividere questo momento di apprendimento”, spiega Erika Di Martino, la mamma-coach che da anni si impegna a diffondere in Italia questa pratica, sui suoi social. Se un genitore vuole investire in corsi online o tutor specializzati i costi salgono. In questo caso un genitore si trova a spendere circa 150 euro al mese compreso i materiali necessari.

LA DIFFUSIONE – In Italia è una pratica che esiste da molti anni ma poco diffusa che si attesta intorno al migliaio di famiglie. Ma negli altri paesi sono molti di più: negli Stati Uniti sono più di 2 milioni, mentre sono pressoché 80 mila in Inghilterra, 70 mila in Canada, 4 mila in Francia e 2 mila in Spagna, dati relativi al 2018. In molti Paesi siamo arrivati alla terza generazione di homeschoolers. Il trend è in continua crescita e anche i college più prestigiosi stanno iniziando ad accogliere anche gli allievi che sono stati educati tra le mura domestiche. Più di novecento università nel mondo accettano le iscrizioni degli homeschoolers e tra queste si annoverano Harvard, Cornell, Princeton, Dartmouth e Yale. In Inghilterra, negli Stai Uniti e in altre nazioni, i ragazzi homeschoolers possono accedere ai corsi universitari anche prima dei loro coetanei scolarizzati.

Erika Di Martino attraverso i suoi social e il blog diffonde la cultura dell’homeschooling. È fondatrice del Network italiano www.edupar.org, punto di riferimento di numerosi Home scholers. È madre di 5 figli che non sono mai andati a scuola, ha lasciato l’insegnamento tradizionale per dedicarsi alla diffusione di questo particolare stile di genitorialità ad alto contatto. “Ciò che più conta è che un ragazzo sappia ciò che vuole raggiungere nella vita, ma come può farlo in un contesto confusionario come quello proposto dalle scuole? – scrive Di Martino su Facebook – Il talento e le necessità del singolo non sono una priorità: le scuole massificano tutto in nome dell’organizzazione con risultati deludenti sia durante il periodo di scolarizzazione che nel momento dell’ingresso nel mondo del lavoro”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.