I politici coraggiosi esistono. No, non il coraggio “muscolare” di chi scala l’Everest o si lancia con il paracadute, ma il coraggio di fare coscienziosamente il proprio lavoro. In democrazia ci si fa eleggere, e in cambio di uno stipendio medio-alto si assumono, o meglio, si dovrebbero assumere, determinate responsabilità, tipo cambiare le cose. Sappiamo che molti, moltissimi politici, fanno sistematicamente di tutto per tenersi alla larga da qualsiasi decisione impopolare. Si fa solo quello che può tornar utile per una prossima rielezione. Ogni tanto c’è però qualcuno che tiene fede al suo mandato elettorale, e fa cose non ovvie, non profittevoli.

Non mi viene in mente immediatamente un esempio italiano, e allora parlerò di una statunitense che ha appena deciso di “graziare” 17 condannati a morte. Kate Brown, 62 anni, bianca, Democratica, figlia di un militare, atea, che come unica concessione a chi le chiedeva che fede professasse rispondeva “pratico Yoga”, fece la storia quando nel febbraio 2015 subentrò a un governatore dimessosi per uno scandalo. Fece la storia non perché era una donna, ma perché era la prima volta che un incarico così importante negli Stati Uniti, e nel mondo, veniva ricoperto da una persona “dichiaratamente LGBT”. Una LGBT “soft” se vogliamo, una semplice dichiarazione di “bisessualità”, accompagnata comunque da un marito e da due figli adottivi. Nel 2018 è stata rieletta e ora, non potendo, per legge, ricoprire un terzo mandato consecutivo, sta per lasciare l’incarico a un’altra donna del suo stesso partito, Tina Kotek, 56 anni, bianca. Tra parentesi, la Kotek ha fatto campagna elettorale dichiarandosi lesbica, ma questa è solo una curiosità.

Brown è sempre stata contraria alla pena di morte, e appena entrata in carica ha esteso la moratoria che era in vigore dal 2011. Ha rinnovato la moratoria anche nel suo secondo mandato, e già in campagna elettorale la sua “successora” ha detto che avrebbe fatto altrettanto. Quindi in teoria i condannati a morte per altri 4 o forse 8 anni potevano stare tranquilli. Ma Brown ha fatto quello che riteneva giusto fare, e li ha tirati fuori tutti dal braccio della morte. Siccome la pena di morte era in costituzione, l’iter è stato un po’ artificioso. Nel 2018 aveva sponsorizzato una legge che diminuiva da 19 a 4 i reati capitali: solo omicidi compiuti in carcere da recidivi, omicidi di bambini, atti di terrorismo con più vittime e omicidi premeditati (sì, premeditati, quindi rari) di poliziotti. Ratificata nel 2019 la nuova legge che lei definì “la cosa più vicina all’abolizione che si può realizzare per via parlamentare”, alcuni mesi dopo dette disposizione all’Amministrazione Penitenziaria di applicare le regole della rieducazione anche ai condannati a morte, e anche i principi della razionalizzazione economica.

Nel maggio 2020 gli allora 24 condannati vennero spostati in “normali” carceri di massima sicurezza, assieme agli altri detenuti. Ma non bastava. Una nuova legge di solito non può essere retroattiva. Ci vuole del tempo per affrontare questo passaggio: si deve attendere che, con la nuova legge, qualcuno venga condannato non più a morte, ma all’ergastolo. A quel punto un condannato a morte che aveva un reato praticamente identico fa ricorso e chiede che la sua pena venga dichiarata “sproporzionata” e, in quanto tale, incostituzionale e quindi da rimodulare. Fatto questo, gli altri condannati si accodano e anche loro cercano la dichiarazione di “sproporzionalità”. Questa prima sentenza c’era stata, votata all’unanimità dalla Corte Suprema dell’Oregon nel 2021.

Con questo iter i condannati a morte in un anno erano scesi a 17. Nell’arco di un altro paio d’anni si sarebbero azzerati, ma qui Brown è intervenuta, e ha fatto di nuovo la sua parte di politica coerente: clemenza. “La pena di morte è una punizione irreversibile che non consente correzioni; è uno spreco di dollari dei contribuenti; non rende le comunità più sicure; non può essere e non è mai stata amministrata in modo giusto ed equo. È sia disfunzionale che immorale”. Compromesso: Brown non ha abolito la pena di morte, ma ha abolito i condannati a morte. Va bene anche così. Vorrei dire che l’istituto della “clemenza” esiste anche in Italia, ma viene usato solo per quisquilie.