L’ultimo Presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Sergeyevich Gorbaciov è morto a 91 anni. Dopo una lunga malattia si è spento in ospedale, è stato protagonista di un’era storica cruciale con la perestroika, il crollo del Muro di Berlino, la fine della Guerra Fredda, il disarmo nucleare, il ritiro dall’Afghanistan. “Non si poteva andare avanti allo stesso modo”, aveva detto in una delle sue ultime interviste prima di morire dopo una lunga malattia.

Gorbaciov nacque nella regione di Stavropol, nel sud della Russia, nel marzo 1931. Provincia profonda, un villaggio. Figlio di una famiglia di agricoltori, si avvicinò alla politica nella gioventù comunista del Komsomol, si laureò in legge e in seguito in economia agraria. A Stavropol divenne primo segretario del partito locale nel 1970. Sposò nel 1953 una studentessa di filosofia, Raissa Maksimovna Titarenko, morta nel 1999. La coppia offrì sempre un’immagine moderna, sia lei che lui offrirono una nuova immagine del segretario e della first lady sovietica.

Quando nel 1985 morì Konstantin Cernenko arrivò il turno di Gorbaciov, che divenne Segretario Generale del PCUS, massima carica del partito comunista, a 54 anni, il più giovane segretario di partito di sempre. La sua posizione era diventata più forte sotto la protezione di Yurij Andropov – “Scegliete un giovane, scegliete Gorbaciov perché lui è l’unico che può ridare slancio al Paese, rimettere in piedi l’Urss e ridare fiato al partito” -, come lui di Stavropol, ex capo del Kgb e segretario. Risale al 1984 il primo incontro con il primo ministro britannico Margareth Thatcher. E già l’anno dopo la salita al potere divenne cruciale: a febbraio Gorbaciov lanciò le sue due parole d’ordine, Glasnost (trasparenza) e Perestroika (ristrutturazione).

L’URSS degli anni ’80 era un Paese economicamente al collasso. Le riforme di Gorbaciov puntavano a rimodernare le strutture centraliste statali, con la privatizzazione di alcune aziende, la libertà di stampa, l’elezione di alcune cariche scelte dai cittadini e non più dal partito. A ottobre del 1986, a Reykjavik, in Islanda, incontrò il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan per discutere della riduzione degli arsenali nucleari in Europa, suggellata l’anno dopo con uno storico trattato. La “trasparenza” della glasnost non impedì all’Unione di far passare sotto silenzio per alcuni giorni il disastro nucleare di Cernobyl nel 1986.

Il primo marzo del 1989 le prime elezioni libere, con gli organi legislativi eletti a suffragio universale. E nel 1990 il Congresso dei deputati elesse Gorbaciov presidente. Gorbaciov aveva ritirato nello stesso anno le truppe impantanate e logorate da un decennio in Afghanistan. E sempre al 1989 risalgono le due visite storiche in Vaticano e in Cina, con i rapporti tra Pechino e Mosca riallacciati dopo l’interruzione di trent’anni prima. Le riforme economiche fecero però crescere il malcontento in patria. La concessione di maggior autonomia alle autorità locali portò alle rivoluzioni popolari in tutto l’est Europa, il 9 novembre del 1989 alla caduta del Muro di Berlino, alla Lituania che nel 1990 divenne la prima repubblica sovietica a chiedere l’indipendenza.

Gorbaciov è visto in una maniera in patria e in maniera opposta all’estero. Il premio Nobel per la Pace gli venne conferito nel 1990 mentre nel 1991, ad agosto, fu sequestrato per tre giorni nella sua villa presidenziale in Crimea, vittima di un golpe di comunisti conservatori. I carri armati entrarono a Mosca e solo la resistenza guidata dal presidente della Repubblica Russa Boris Eltsin sventò il colpo di stato. Dopo un epocale faccia a faccia con lo stesso Eltsin, al suo ritorno a Mosca, in cui il futuro leader contestò le sue riforme, Gorbaciov rassegnò le dimissioni da Presidente.

L’URSS smise di esistere quello stesso giorno, il 25 dicembre 1991. Eltsin firmò con Ucraina e Bielorussia la nascita della CSI, la Comunità di Stati Indipendenti. Gorbaciov ha guidato per anni la sua fondazione per gli studi economici e ha presieduto la Croce Verde Internazionale. Il suo ricordo in patria è legato alla fine dell’URSS, è odiato da tanti, detestato per il suo ruolo nella fine dell’Unione. La campagna contro la vodka e il fallimento del programma dei 500 giorni per introdurre l’economia di mercato non aiutarono. Provò a rientrare in scena nel 1996, alle elezioni, riportando appena l’1%.

Controverso il rapporto con il Presidente Vladimir Putin: lo ha criticato per le scelte autoritarie, è diventato uno dei proprietari del giornale di opposizione Novaya Gazera, lo ha difeso nel 2014 come paladino degli interessi dei russi, a partire dall’annessione della Crimea, ma chiedendo di evitare in ogni caso il rischio di uno scontro nucleare. “Gorby”, com’è stato soprannominato in Occidente, sarà sepolto nel cimitero di Novodevichy, a Mosca, in una tomba di famiglia accanto alla moglie Raissa. Resta nella storia della televisione italiana la sua ospitata al Festival di Sanremo nell’edizione del 1999.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.