Un grande artigiano della musica con punte di genio
Ciao Toto Cutugno, artista completo che con “L’italiano” aveva creato un secondo inno nazionale
C’è un tono popolare in ogni cosa. Nella letteratura, nella poesia, nel cinema. Perfino nella musica classica e nell’Opera che diventa operetta per essere fruibile da tutti.
Anche nella musica leggera, dove ci sono i Pink Floyd e Bruce Springsteen oppure per stare a qualcuno di più vicino a noi De Andrè, Battisti e tra i più giovani Capossela per ricordare forse il più geniale. Ma c’è un tono medio (quel tono medio che ricercava il miglior Calvino della trilogia) che magari abbiamo guardato con un malcelato distacco in tanti momenti, che non ci ha mai affascinato, che ci siamo vergognati anche a cantare assieme con altre persone. Ma che poi da soli sotto la doccia abbiamo almeno fischiettato.
Ecco Toto Cutugno che se n’è andato in un pomeriggio di fine estate ad 80 anni era il tono medio della musica italiana. Come Steno per il cinema (“Febbre da Cavallo” è un capolavoro che non ha la nobiltà di una pellicola di un Fellini oppure di un Antonioni ma quanto mestiere c’è in quei novanta minuti di film), Ada Negri per la poesia (“che dice la pioggerellina di marzo che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto?” L’abbiamo imparata tutti a memoria e menomale che ancora avevamo insegnanti che ci facevano imparare le poesie a memoria); “La vedova allegra” che veniva considerata un’opera minore ma che le persone cantavano e anche il popolo faceva la fila per andarla a sentire.
Come cantavano “l’italiano” una sorta di inno nazionale sostitutivo a tante latitudini. Perché se andate a Melbourne, a Berlino a Mosca oppure in Giappone e trovate (e la trovate, tranquilli) una pizzeria potete stare certi che prima o poi qualcuno intonerà “lasciatemi cantare, con la chitarra in mano” che ti trascina e non puoi fare finta di niente anche perché ti ricorda gli anni più belli, non soltanto i tuoi ma quelli di un Paese che si scoprì improvvisamente quasi ricco. Che non lo era, ma era tanto bello crederlo.
Non vinse a Sanremo ma vinse nel mondo, ed anche in questo è stata in buona compagnia. Come i Ricchi e Poveri, come Al Bano per rimanere sempre su quel livello che dai sedici anni fino a quaranta abbiamo guardato con sufficienza e che poi a cinquanta ci ha fatto cantare e ballare come reduci nelle sere d’estate.
Che poi ripensandoci bene a Sanremo vinse soltanto una volta, nel 1980 con “solo noi” bella ma non bellissima e presto dimenticata e arrivo tante volte secondo anche con qualche capolavoro vero come “Emozioni” che avrà meno quarti di nobiltà dell’omologa battistiana ma che è tanto bella e con “Gli amori” che ebbe l’onore di essere cantata da Ray Charles che ne fece un capolavoro assoluto.
Un grande artigiano della musica con punte di genio. Così oggi quando è arrivata la notizia che Toto Cutugno ci aveva lasciato mi è venuto da definirlo. E come tutte le definizioni è parziale perché se quarant’anni dopo vedendo tua figlia prepararsi per uscire la sera (e ti girano tanto le scatole) ripensi a “Il tempo se ne va” e la trovi ancora attualissima vuol dire che forse il cantante di Fosdinovo era più che un artigiano. Così come quando ti innamori e te ne strafreghi del mondo intero perché vuoi stare soltanto con lei, buttando il telefono giù dal quarto piano (e non c’erano ancora i telefonini pensate…) e mangiando un panino in due. Canzone regalata a Celentano che la cantava come soltanto lui poteva fare tralasciando anche la parte più peccaminosa. Perché qualche anno prima aveva portato a Sanremo “chi non lavora non fa l’amore” e “siamo la coppia più bella del mondo”, inni al conformismo più trito ed invece sulle note di Cutugno lasciava perfino la luce accesa per fare all’amore e la pelle diventava un vestito. Altro che Rosa Chemical.
Era un artista completo, forse qualche volta banale, ma che sapeva confezionare prodotti che hanno sfidato il tempo come diceva lui in una delle sue hit più famose.
Adesso lasciatelo cantare in qualsiasi posto si troverà. Tanto qualcuno a fargli il coro si troverà di sicuro.
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