Gli Stati Miti d’Europa
Non c’è più tempo per rimandare
Comunità e cura europee: la via per l’Unione

Il mondo è affetto da pandemie, guerre, disastri ambientali, crisi economiche, assenza di una visione politica e culturale sul futuro. No non è l’inizio della sigla di Ken Shiro ma è la realtà in cui viviamo. Tutti si agitano freneticamente per trovare un senso al presente e alle proprie vite in un’Europa stanca e senza visione. Vi è chi si lancia in profezie apocalittiche e millenaristiche, chi invece avanza ricostruzioni cospirazioniste, chi invece dice: è sempre andato così il mondo, altri ancora fanno i pesci in barile cercando di far finta di non vedere cosa sta accadendo riempendosi la vita di lavoro (quando lo si ha), viaggi e attività, altri si ammalano fisicamente e mentalmente.
Ovviamente sono tutti modi di reagire agli sconvolgimenti che ci si presentano. Non vi è una via migliore o peggiore per cercare di trovare un senso: ognuno fa quel che può con i propri mezzi. Forse è da qui che bisogna partire: riconoscere che tutti stiamo provando a fare del nostro meglio in una situazione di disagio generalizzato. L’unica cosa che, a mio modo di vedere, manca, è proprio la comunicazione di questa ricerca di senso nello spaesamento generale, il metterla in comune. Sembra come se ognuno volesse risolversi il problema da sé cadendo sempre di più in un isolamento senza via di uscita. Vi è come una sindrome da evitamento della fragilità, tutti intenti a postare storie bellissime, allegrissime e sorridentissime sui social per nascondere la polvere sotto il tappeto.
Prima dell’Unione Europea c’erano le Comunità Europee. Solo nel 1993 con il Trattato di Maastricht si è passati all’Unione. Ritengo sia importante ricordarci di questo fatto in un tempo in cui alla comunità (da cum-munitas: il dono/obbligo insieme) si preferisce non l’unione ma l’immunità (da im-munitas: senza dono/obbligo). In un anelito di purezza sconnessa dalla realtà ognuno si erige a immune dagli altri: impuri, non degni, della propria vita e quindi del proprio tempo. Ma se tale anelito di purezza nascondesse invece una voragine enorme che non si vuole guardare? Se tale immunità altro non fosse la confessione della necessità di una intimità perduta con gli altri e quindi con sé stessi e non solo un’esigenza di sopravvivere?
Solo relazionandoci con le nostre realtà esistenziali, dialogando, dibattendo e anche arrabbiandoci, perché no, possiamo giungere a una maggiore intimità e quindi ad una Unione. Questo vale nel nostro microcosmo ma anche a livello nazionale ed europeo. Dal dialogo nasce la cultura e nasce anche il tempo. Eh sì perché in questa epoca non si ha mai tempo, sembra scarseggi sempre ma, in realtà, non c’è più tempo per rimandare: questa è la società senza tempo, senza passato, senza presente ma soprattutto senza futuro. Il tempo come categoria esistenziale lo si genera nel dialogo e in quel particolare dialogo che è il narrarci gli uni agli altri. Solo da qui possono nascere visioni politiche e culturali di speranza, futuro, fraternità, uguaglianza, libertà ma soprattutto di cura per raggiungere la nostra cara Unione Europea: credo il mondo abbia bisogno anche di noi.
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