“Rimbalzo mediatico spropositato” con conseguente “strumentalizzazione politica”. I vertici uscenti dell’Associazione nazionale magistrati hanno bollato così, sabato scorso, la pubblicazione da parte di alcuni giornali, ad iniziare dal Riformista, della notizia di numerose “anomalie” contenute nei temi del concorso per magistrato ordinario bandito nel 2018. Molti elaborati, la cui correzione era terminata lo scorso giugno e che erano stati giudicati idonei, presentavano errori macroscopici in punto di diritto e diverse indicazioni grafiche che potevano essere interpretate come simboli identificativi. Alcuni dei bocciati, dopo aver fatto accesso agli atti, avevano quindi chiesto di annullare il concorso.

Al termine dell’ultima riunione del Comitato direttivo centrale dell’Anm, i cui componenti verranno rinnovati la prossima settimana, è stato diramato un comunicato decisamente sopra le righe. «I ricorsi recentemente proposti, avverso i risultati delle correzioni degli elaborati scritti dell’ultimo concorso, pur se legittimi, sono stati oggetto di rimbalzo mediatico spropositato nei modi e nei contenuti, con successiva strumentalizzazione politica», esordiscono i vertici del sindacato togato.

«Inaccettabile – proseguono – è il tono ed il contenuto degli attacchi, che non si limitano a dare la notizia (il ricorso di alcuni candidati) ma presentano la vicenda come se il contenuto dei ricorsi fosse stato già accertato come rispondente al vero, accusando la commissione autorevolmente composta da magistrati, avvocati, professori universitari, di gravissime condotte». Dopo questa lezione di giornalismo, «il Cdc stigmatizza gli irricevibili attacchi all’onorabilità dei componenti della commissione, accusati in modo esplicito di fatti lontani dall’essere accertati». «Tali aggressioni, fondate esclusivamente sulla prospettazione di parte di tre concorrenti non ammessi alla prova orale, nel colpire la delicatissima fase iniziale di selezione, si sostanziano nel tentativo di delegittimare di tutto l’ordine giudiziario», conclude la nota.
L’Anm, oltre a dare lezioni di giornalismo, dimentica nel comunicato di raccontare un “piccolo” particolare: su questo concorso è stata chiesta ed ottenuta una apertura pratica al Csm da parte del consigliere laico in quota Lega Stefano Cavanna, avvocato e già docente di diritto civile presso l’Università degli Studi di Genova. Cavanna, dopo aver letto diversi temi giudicati idonei, ha ritenuto che fosse necessario svolgere «approfondimenti e verifiche nell’ambito delle competenze e dei poteri del Csm». In particolare, mediante «la convocazione dei componenti della commissione esaminatrice del concorso», affinché riferiscano «sui fatti denunciati dai candidati», senza escludere altre «iniziative meglio viste e/o ritenute».

La richiesta di Cavanna è stata ritenuta degna di nota dal Comitato di presidenza del Csm, composto dal vice presidente David Ermini e dai capi della Corte di Cassazione, il primo presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi.  Oggi, comunque, è prevista alla Camera, durante il question time, la risposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede alle richieste di chiarimenti sul punto. E a quanto poi risulta al Riformista, è in procinto di partire una “class action” da parte dei candidati bocciati. Vale, dunque, la pena di riportare le dichiarazioni di Cavanna: «Mi auguro che ci sia da parte di tutti la volontà di voler approfondire l’argomento. Il tema è importante visto che si stanno reclutando dei magistrati e non degli uscieri, con tutto il rispetto per gli uscieri». Nessuna aggressione, ma solo desiderio, che dovrebbe essere apprezzato dall’Anm, di fare chiarezza.