Nel sistema previsto dall’ordinamento italiano, il procedimento penale prende avvio con l’iscrizione della notizia di reato nel registro tenuto dalla Procura della Repubblica. Questo atto, disciplinato dal codice di procedura penale, assume sicuro rilievo al fine di garantire il rispetto dei diritti delle parti coinvolte e per avviare le indagini preliminari, nel rispetto dei princìpi di legalità e obbligatorietà dell’azione penale. Tale attività compete per legge (articolo 109 delle disposizioni attuative) al Procuratore della Repubblica, il quale riceve dalla Segreteria gli atti che possono contenere la notizia della commissione di un reato, procedendo alla eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato.

La definizione di “Notizia di reato” e l’iscrizione nei registri

Con la modifica dell’art. 335 del codice, innovato con la Riforma del Ministro Cartabia, si è fornita per la prima volta la definizione di notizia di reato, precisandone i presupposti per l’iscrizione. La norma ha infatti chiarito che la notizia di reato è quella che contiene la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Inoltre, la medesima norma prevede anche i presupposti per attribuire un reato a una determinata persona fisica e, quindi, quando sorga l’obbligo dell’iscrizione: il nominativo va iscritto quando risultino «indizi a suo carico», escludendo l’ipotesi in cui vi siano dei semplici, benché fondati, sospetti. Effettuata la valutazione, il Procuratore deciderà se iscrivere la notizia di reato in uno dei due registri tipici (modello 21, se è identificato il presunto autore e modello 44, nel caso di persona ignota) o nel residuale registro degli atti non costituenti notizia di reato (modello 45).

Il chiarimento sui presupposti

L’iscrizione nel registro delle notizie di reato non è quindi un atto automatico e dovuto, ma richiede un preciso scrutinio da parte del magistrato, il quale procede all’eventuale iscrizione solo dopo aver valutato l’esistenza dei presupposti di natura oggettiva e soggettiva richiesti dalla legge. La Riforma non ha fatto altro che confermare quanto già da tempo veniva sostenuto, per consolidata prassi, da talune Procure italiane. Tra queste, si segnala il provvedimento del 2017 a firma dell’allora Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, con il quale si escludeva espressamente «che l’iscrizione di un nominativo rappresenti “atto dovuto” con riferimento al soggetto cui il privato o la Polizia Giudiziaria attribuiscono il reato nella denuncia o nella querela. Tale errata conclusione che talora si riscontra nella prassi, è frutto di una interpretazione impropria dell’art. 335 c.p.p. … Siffatta lettura “meccanica” della previsione normativa contrasta con le indicazioni della Corte di Cassazione e, ancor di più, con il sistema, in quanto finisce per attribuire impropriamente alla Polizia Giudiziaria – o, addirittura, al privato denunciante – il potere di disporre in ordine alle iscrizioni a mod. 21, potere che, viceversa, non può che essere esclusivo del pubblico ministero».

La valutazione

Nella richiamata circolare si sottolinea inoltre l’esigenza di non procedere ad iscrizioni di nominativi nel registro «in modo affrettato» e in assenza dei presupposti, dal momento che con l’iscrizione si dispiegano per la persona indagata effetti non indifferenti sia sotto il profilo professionale che reputazionale. Insomma, una prassi destinata a divenire norma. A seguire, si segnala il provvedimento del 2019 a firma del Procuratore di Cuneo Onelio Dodero, con il quale — ben prima della Riforma — si è stabilito che per procedere ad un’indagine a carico di un determinato soggetto il fatto debba «presentare indizi di un reato» e «qualora il fatto non denoti questi minimi livelli di connotazione, la scelta obbligata sarà di iscrivere gli atti nel residuale registro mod. 45, naturale destinatario dei fatti non costituenti reato», mentre «si procederà all’iscrizione nei registri tipici (mod. 21, 21bis, 44) se le attività di chiarimento saranno destinate alla verifica della fondatezza di una notizia di reato già delineata nei suoi tratti oggettivi».

La conferma

A sei anni di distanza, dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il Procuratore Dodero, con un apposito provvedimento del 2023, ha ribadito i medesimi criteri e linee guida per l’iscrizione delle notizie di reato, confermati e avvalorati dalle integrazioni normative sopra annotate, riaffermando la necessità di «abbandonare la concezione formalistica imperniata sull’approccio ispirato ad una sorta di favor iscritionis, criterio non formalizzato ed estraneo al sistema; al contrario: procedere ad iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere quelle dovute».

Le conclusioni

Parimenti, anche il Procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha ribadito con una circolare interna del 2023 le considerazioni espresse dai sopracitati colleghi magistrati, evidenziando inoltre la maggiore portata selettiva della Riforma Cartabia rispetto a quelle situazioni cd. border line, ovverosia quei casi di esposti, denunce e comunicazioni di reato in cui, pur potendo essere stati indicati fatti effettivamente verificati, sono poi da essi tratte conclusioni fondate su mere ipotesi. Per esempio — spiega il Procuratore Capo — è ciò che accade «quando si denuncia il comportamento illegittimo di un funzionario pubblico qualificandolo, senza fornire alcun elemento a supporto, come finalizzato a danneggiare o favorire qualcuno».

Laura Finiti

Autore

Avvocato penalista