Un ghiacciaio a forma di torre o pinnacolo che di solito deriva dall’apertura di crepacci in una montagna. È questo il seracco, la valanga di neve, ghiaccio e roccia che staccandosi dalla Marmolada, il gruppo montuoso delle Dolomiti al confine tra le province di Trento e Belluno, ha travolto e ucciso almeno 7 persone, con diversi feriti e oltre una decina di dispersi.

Un evento, il crollo di un seracco, più difficile da prevedere rispetto ad una ‘semplice’ valanga. Di norma infatti non dipende dalle condizioni meteorologiche del momento, ma da meccanismi che regolano il movimento del ghiacciaio.

Eppure gli esperti sono concordi: il colpevole della tragedia della Marmolada è il cambiamento climatico. “Questi seracchi cadono, certo, per la gravità, ma la causa vera, originaria, è il caldo globale, che fa sciogliere i ghiacciai e rende più probabile che si stacchi un seracco”, dice all’Agi Reinhold Messner, leggenda vivente dell’alpinismo che a Punta di Rocca, dove il seracco si è staccato, non va più da anni perché “il ghiaccio lì è quasi tutto andato”.

Stesso colpevole anche per Renato Colucci, docente di glaciologia a Trieste e ricercatore dell’Istituto di scienze polari del Cnr, che al Corriere della Sera riguardo il distacco del seracco parla di “concause”. “Per via dei cambiamenti climatici, i ghiacciai non sono più in equilibrio specialmente sotto i 3.500 metri perché si è creato un clima diverso da 30 anni fa che non sostiene più la loro esistenza”, spiega l’esperto.

Non solo colpa del caldo anomalo di domenica, dove la temperatura sulla Marmolada era di 10 gradi, ma anche delle temperature anomale dell’intero mese di maggio: “A seconda dei posti sono state anche di 10 gradi sopra la media. Poi lo scorso inverno è fioccato poco ed è venuta meno la protezione che la neve fornisce d’estate ai ghiacciai. A questo scenario si è aggiunta l’ondata di calore dall’Africa”, spiega Colucci. Ghiacciaio della Marmolada che potrebbe scomparire di questo passo “entro il 2042, otto anni prima rispetto al 2050 previsto da una ricerca del Cnr.

A confermare la fine segnata della Marmolada è anche professor Massimo Frezzotti, docente a Roma Tre e per sette anni presidente del Comitato Glaciologico Italiano: “Negli ultimi 70 anni quel ghiacciaio ha perso oltre l’80% del suo volume. La sua superficie è passata dai circa 500 ettari stimati nel 1888 ai 123 ettari del 2018 – spiega a Il Resto del Carlino – Dal 2010 al 2020 il fronte è arretrato in media di 10 metri l’anno. E questo significa che, con l’andamento del cambiamento climatico che ben conosciamo, la sorte della Marmolada è segnata”.

Redazione

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