È durato circa cinque ore l’incontro tra il Presidente francese Emmanuel Macron e quello russo Vladimir Putin. La parola chiave è: de-escalation. Per non cadere in un conflitto che sarebbe catastrofico per tutti. Per non aprire un fronte che potrebbe mettere di fronte l’Occidente e la Russia sul campo. Per non mettere in crisi i rapporti commerciali e soprattutto le forniture di materie prime ed energia. Il presidente francese, negli ultimi anni promotore della linea del dialogo con Mosca, si è detto moderatamente ottimista alla fine dell’incontro: “Evitiamo la guerra, insieme, i prossimi giorni saranno determinanti”.

Al Cremlino i leader sono stati fotografati alle due estremità di un tavolo lungo almeno sei metri – il protocollo del Cremlino per limitare i rischi di contagio, applicato anche al Presidente ungherese nei giorni scorsi: neanche una stretta di mano tra i due, lasciati soli a parlare nella “sala delle rappresentazioni”. Era il primo faccia a faccia dopo almeno tre conversazioni telefoniche in una sola settimana. “Caro Emmanuel”, il saluto di Putin. A sera hanno cenato insieme con bistecca di renna e Chardonnay.

“Alcune delle idee presentate” da Macron possono servire per “ulteriore passi in comune con Mosca”, ha detto il Presidente russo. “Siamo categoricamente contrari all’allargamento della Nato verso Est. Immaginate che l’Ucraina diventi parte della Nato e rivendichi la Crimea, che fa parte della Federazione russa: questo scatenerebbe una guerra tra Nato e Russia. Siamo contrari anche al dispiegamento dei sistemi di combattimento alle nostre frontiere. E se la Nato è davvero un’organizzazione pacifica, cosa c’è di male a farla tornare alla situazione del 1997? Ma sono riconoscente al presidente Macron per i suoi sforzi”.

“Abbiamo avuto una discussione che ha consentito di formulare una serie di proposte sulle quali credo di poter dire che ci siano elementi di convergenza fra la Russia e la Francia”, le parole del Presidente francese che ha ricordato a più riprese l’impegno diplomatico con i partner europei e quindi rivendicato la sua voce valida per tutta l’Ue – la Francia è presidente di turno dell’Unione. Macron oggi incontrerà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e poi risentirà a telefono Putin. A Berlino poi incontrerà il presidente polacco Andrej Duda e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Il cancelliere ieri arrivava alla Casa Bianca e incontrava il Presidente americano Joe Biden. Ha detto che Germania e Usa sono “assolutamente uniti” sulle sanzioni da infliggere a Mosca e sull’eventuale stop al gasdotto Nord Stream 2 in caso di invasione dell’Ucraina. Il gasdotto è costato 11 miliardi e non è ancora entrato in funzione: porterà il gas direttamente dal territorio russo a quello tedesco. E su questo punto Scholz è stato più tiepido rispetto alla fermezza di Biden. Finora la Germania ha rifiutato di fornire armi all’Ucraina ma ha annunciato l’invio in Lituania di altri 350 soldati per aiutare a rinforzare il fianco orientale della Nato.

Le posizioni sono le solite, in bilico sul sottile filo della diplomazia: l’Occidente che rifiuta un ritorno nella sfera di influenza russa come ai tempi dell’Unione Sovietica dei Paesi confinanti; la Russia che pretende con decisione che un’eventuale ulteriore espansione della Nato venga immediatamente bloccata. Sullo sfondo ma non troppo il legame tra Pechino e Mosca fortificato con il comunicato della settimana scorsa di Xi Jinping e Putin. La settimana in corso potrebbe essere quella cruciale per gli esiti della crisi. Dagli Stati Uniti sono stati lanciati diversi allarmi – anche troppo allarmistici per Zelensky e “folli” per Mosca.

La missione soprattutto di Macron – che tra circa due mesi affronterà le presidenziali – vuole portare l’Europa al centro della scena pur con il sospetto e la sfiducia di alcuni diplomatici e osservatori (soprattutto dai Paesi Baltici che vogliono più Nato) verso il Presidente francese ha detto che una “finlandizzazione” dell’Ucraina (neutralità tra Nato e Russia) “fa parte dei modelli sul tavolo”. Putin ha citato ancora una volta gli accordi di Minsk: che prevedono l’assegnazione di uno status speciale a Donetsk e Lugansk, il Donbass, in guerra da otto anni, 13mila le vittime, da quando si sono autoproclamate repubbliche popolari. Circa 125mila i soldati russi che Mosca ha spostato negli ultimi mesi ai confini con l’Ucraina, anche in Crimea e in Bielorussia. Il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba ha comunque espresso ottimismo: “Ad oggi le possibilità di una soluzione diplomatica sono considerevolmente maggiori della minaccia di un’invasione”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.