Donald Trump incriminato dal Gran Giurì del Tribunale di Manhattan, a New York. È la ‘bomba’ esplosa nella notte italiana e proveniente dagli Stati Uniti, dove per la prima volta un ex presidente dovrà affrontare un processo penale.

Una notizia arrivata in parte a sorpresa: Trump aveva annunciato sul suo social Truth, l’imminente arresto che sarebbe avvenuto il 21 marzo, quindi la procura distrettuale di Manhattan aveva iniziato a prendere tempo ed a rinviare, salvo poi decidere nel pomeriggio di giovedì e votare per l’incriminazione.

L’apparizione del tycoon in tribunale, che ha ricevuto la notizie assieme al suo team legale dalla residenza di Mar-a-Lago, è prevista martedì e sarà senza dubbio uno “show”. L’ex presidente, già candidato alle primarie dei Repubblicani, si presenterà ell’ufficio del procuratore distrettuale, gli prenderanno le impronte e scatteranno la foto segnaletica, poi apparirà di fronte a un giudice che gli chiederà se si ritiene colpevole o innocente; poi è atteso che lo rilascerà in attesa dell’inizio del processo. Nei confronti di Trump, scrive la Cnn, sono contestati 34 capi d’accusa.

Il timore a New York è di possibili scontri da parte dei più fedeli supporter dell’ex presidente. Una nota interna della polizia della ‘Grande mela’, ottenuta dal New York Times, chiede a tutti i membri in uniforme del dipartimento di polizia di New York di essere “preparati per il dispiegamento” dopo l’accusa contro il tycoon, i membri devono “rimanere preparati per la mobilitazione in qualsiasi momento“.

Al momento non è noto il caso che ha spinto all’incriminazione, ma i media americani concordano nel ritenere che sia quello sui presunti pagamenti illeciti per comprare il silenzio dell’ex pornostar Stormy Daniels, l’inchiesta citata dallo stesso ex presidente sul proprio social network, Truth, in relazione all’ipotesi di un suo arresto nella giornata di martedì 21 marzo.

Secondo l’accusa della procura distrettuale di Manhattan Trump avrebbe pagato 130mila dollari all’ex diva del cinema hard tramite il suo ex avvocato Michael Cohen alla fine della campagna elettorale del 2016 per comprare così il suo silenzio su un loro incontro extraconiugale nel 2006.

Una storia confermata dallo stesso Cohen, che ha raccontato il tutto al super procuratore Robert Mueller e che ha scontato tre anni per questo.

La reazione di Trump ovviamente non si è fatta attendere. “La mia incriminazione è una persecuzione politica e una ingerenza nelle elezioni”, ha dichiarato Trump, che nega di aver avuto rapporti con Stormy Daniels, accusando i “democratici radicali” di essere “ossessionati” dalla decisione di colpire “un oppositore politico innocente”.

L’ex presidente ha chiamato in causa anche Joe Biden, accusando il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg, in quanto democratico, di agire per conto dell’attuale presidente. “Anziché occuparsi dell’ondata di crimine senza precedenti a New York, sta facendo il lavoro sporco di Biden. È stato scelto e pagato da George Soros, è vergognoso”, rispolverando anche un grande ‘classico’ del complottismo di destra.

Per Trump dunque “questa caccia alle streghe si ritorcerà contro Biden”. A sostegno dell’ex presidente anche il gotha del Partito Repubblicano, dallo speaker della Camera Kevin McCarthy al presidente della Commissione Giustizia Jim Jordan, ma soprattutto si è schierato con Trump anche il suo più importante rivale (anche se ancora non ufficiale) nelle primarie, il governatore della Florida Ron DeSantis, che ha chiarito come “la Florida non lo estraderà” perché l’incriminazione di Trump “è anti-americana” ed è un “abuso della legge per colpire un oppositore politico” .

In ogni caso l’incriminazione non ferma la corsa presidenziale di Trump: come spiegano i media Usa, le leggi americane non prevedono infatti divieti di questo tipo, mentre proibiscono il voto a chi è stato condannato. Lo stesso Donald Trump aveva preannunciato che avrebbe continuato la sua campagna in caso di incriminazione.

Per Trump lo scandalo legato ai presunti pagamenti illeciti all’ex pornostar Stormy Daniels non è l’unica grana giudiziaria. L’ex presidente sta affrontando altre inchieste che potrebbero sfociare in ulteriori incriminazioni: ci sono anche quella in Georgia sul suo tentativo di rovesciare il voto del 2020 e le due indagini federali sull’insurrezione di Capitol Hill, oltre a quella sulla gestione dei documenti riservati trovati nella sua residenza di Mar-a-Lago.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia