Soltanto sabato era tornato ad incitare i suoi sostenitori a “manifestare” e “riprendersi il Paese” di fronte al suo possibile arresto, tesi ovviamente tutta da confermare, da verificarsi nella giornata di martedì 21 marzo.

Eppure  per Donald Trump i guai giudiziari sono solo all’inizio. L’ex presidente degli Stati Uniti e favorito alle primarie dei Repubblicani per la corsa alla Casa Bianca del 2024 è finito nuovamente nel mirino dei magistrati, questa volta della Procura di Atlanta, in Georgia.

La Procura sta infatti valutando di contestare al tycoon i reati di estorsione e cospirazione in relazione agli sforzi compiuti dall’allora presidente degli Stati Uniti di ribaltare l’esito delle elezioni in quello stato nel 2020, in cui fu poi sconfitto dall’attuale capo della Casa Bianca Joe Biden.

Lo riporta la Cnn citando una fonte vicina all’inchiesta e precisando che “gli inquirenti hanno un grande volume di prove sostanziali relative a una possibile cospirazione all’interno e all’esterno dello stato, compresi registrazioni di telefonate, e-mail, messaggi di testo, documenti e testimonianze davanti a un gran giurì speciale“. “Il loro lavoro – ha proseguito la stessa fonte – sottolinea la convinzione che la spinta ad aiutare Trump non sia stata solo uno sforzo di base che ha avuto origine all’interno dello stato“.

Un Trump dunque sempre più accerchiato a livello giudiziario: contro di lui vi sono infatti diverse inchieste, due indagini federali sull’insurrezione di Capitol Hill dei suoi ‘adepti’ il 6 gennaio 2021 e quella sulla gestione dei documenti riservati trovati nella sua residenza di Mar-a-Lago.

L’indagine più scottante e chiacchierata è però quella sui presunti pagamenti illeciti per comprare il silenzio dell’ex pornostar Stormy Daniels, l’inchiesta citata dallo stesso ex presidente sul proprio social network, Truth, in relazione all’ipotesi di un suo arresto nella giornata di martedì.

Secondo l’accusa della procura distrettuale di Manhattan Trump avrebbe pagato 130mila all’ex diva del cinema hard tramite il suo ex avvocato Michael Cohen alla fine della campagna elettorale del 2016 per comprare così il suo silenzio su un loro incontro extraconiugale.

Una storia confermata dallo stesso Cohen, che ha raccontato il tutto al super procuratore Robert Mueller e che ha scontato tre anni per questo: lunedì scorso l’ex avvocato di Trump ha testimoniato davanti alla procura distrettuale, confermando per l’ennesima volta tutta la storia dei pagamenti.

Per questi fatti, che potrebbero effettivamente spingere l’ufficio del procuratore distrettuale di New York a incriminare a stretto giro Trump, che diventerebbe il primo ex presidente degli Stati Uniti della storia a dover affrontare un processo penale, il tycoon ha chiesto nuovamente il supporto del suo “popolo” in un appello che è suonato sinistramente simile a quello lanciato il 6 gennaio di tre anni fa e che ha portato poi al drammatico assalto a Capitol Hill.

Trump che anche oggi ha tenuto a ribadire il suo “pensiero”, sostanzialmente accusando chi indaga su di lui di voler interferire nella sua corsa alla Casa Bianca e nel processo democratico. “È il procuratore distrettuale di Manhattan che sta violando la legge utilizzando la testimonianza falsa e completamente screditata (anche dal tribunale del distretto sud!) di un condannato bugiardo, criminale e carcerato, Michael Cohen, per perseguire e incriminare incredibilmente un ex presidente, ora candidato presidenziale in testa (di gran lunga!), per un reato che non esiste. Alvin Bragg dovrebbe essere ritenuto responsabile del reato di “interferenza nelle elezioni presidenziali“, scrive l’ex presidente sul suo social Truth

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.