Trent’anni da Mani pulite sono sufficienti per comprendere che sulle macerie della Prima Repubblica, crollata quando sono stati cancellati il garantismo, lo Stato di Diritto e il sistema dei partiti tradizionali, non è mai nata la Seconda Repubblica, che ha arrancato tra gli effetti della morsa mediatico-giudiziaria e l’idea diffusa che bastasse la retorica moralistica, spesso certificata dai magistrati, per ricostruire un paese civile e democratico.

Trent’anni sono sufficienti per capire che chi ha edificato il consenso su quelle macerie, generando spinte ed emozioni anti-politiche, ha fallito. Perché l’antipolitica, quando governa, diventa politica e la spinta antisistema, quando si trasforma in forza responsabile, diventa “casta”. Bulimia populista e demagogia spicciola vanno sostituite con il recupero della competenza e la forza tranquilla della responsabilità, specialmente ora che molti si accorgono quanto sia profonda la crisi dei partiti e quanto questa crisi sia stata dannosa per la democrazia, tra spinte populiste e dal dilettantismo elevato a potere.

Ma cosa è rimasto dalla pagina dolorosa di Tangentopoli, che spazzò via una intera classe dirigente al tintinnio delle manette? Da quella caccia alle streghe ordita nei confronti dei partiti tradizionali? Tutta la debolezza dei partiti. Ad un passo dalla fine di questa legislatura, caratterizzata dall’alternarsi di governi sostenuti da maggioranze litigiose, contrapposte, contraddittorie – anche l’ultima, di unità nazionale, è quotidianamente vilipesa – riteniamo sia di grande attualità, oltreché necessario, aprirci alla formazione per metterci alle spalle il dilettantismo e la politica degli slogan. Certo una scuola politica (noi l’abbiamo intitolata a Carlo Toglioli, socialista e riformista) può sembrare un retaggio del Novecento, ma è invece proprio lì che si costruiscono competenze, che i partiti possono riconquistare credibilità, che si elabora la proposta politica. Archiviare quindi la stagione del populismo e promuovere la formazione della classe dirigente.

Il Partito Socialista Italiano, forse anche perché è l’unico partito storico che siede in Parlamento – il 2022 sono 130 anni dalla nascita – è convinto che ci sia bisogno di ritornare alla centralità dei partiti, cioè organismi costruiti sulle fondamenta di valori inequivocabili; che non siano formazioni ad personam e che sappiano conquistarsi sul campo il consenso per governare il Paese. Per questo è necessario mettere da subito mano a una legge elettorale che consenta agli italiani di scegliersi i propri rappresentati in parlamento. Un sistema proporzionale con preferenza. Magari sul modello tedesco, seppur imperniato su un sistema istituzionale diverso dal nostro.