Non ce l’ha fatta Lidia Menapace. L’ex staffetta partigiana e senatrice è morta all’età di 96 anni, dopo esser stata ricoverata alcuni giorni fa nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Bolzano risultando positiva al Coronavirus.

Menapace, all’anagrafe Lidia Brisca, è stata partigiana, oltre che politica e saggista. È stata nel 1964 la prima donna eletta in consiglio provinciale a Bolzano (assieme a Waltraud Deeg) e la prima donna in giunta provinciale. Dal 2006 al 2008 è stata senatrice di Rifondazione Comunista.

Dopo aver preso parte da giovanissima alla Resistenza, entrò nei movimenti cattolici: è stata candidata della Democrazia Cristiana nel 1964, quando entrò in consiglio provinciale, e nella stessa legislatura entrò anche in giunta. Divenne lettore di Lingua italiana all’Università Cattolica del Sacro Cuore ma l’incarico non le venne rinnovato dopo la pubblicazione del documento Per una scelta marxista. Uscì dalla Dc e passò al Pci. Nel 1969 fu tra i fondatori del primo nucleo de Il Manifesto. Si è impegnata per le prostitute ed è riconosciuta come una delle voci più autorevoli del femminismo italiano. Dal 2001 è nel Comitato Nazionale dell’Anpi.

In una delle sue ultime interviste, a Repubblica, in occasione del 25 aprile 2020, disse che dopo la pandemia si doveva ricominciare dalla politica. “La festa della Liberazione è di tutti – disse – Non è da dedicare a qualcuno. Riguarda la storia italiana, riguarda donne e uomini, giovani e anziani. A proposito di cose non belle, ricordo che anche il 25 aprile di 75 anni fa ce ne fu una – e ricordò – Si decide che nella grande manifestazione di Milano sfileranno in prima fila gli uomini dei principali partiti. Togliatti dice: le donne no. Erano ragazze che avevano condiviso la montagna, considerate delle ‘poco di buono’. Le donne di Giustizia e Libertà decisero di sfilare lo stesso. Non in prima fila. Penso alle donne della Resistenza in questo 25 aprile. Tutti devono imparare, studiare e sapere cos’è il 25 aprile”.

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