La politica e la democrazia italiana sono momentaneamente a Versailles: lavori eterni in corso. Il re Mattarella ha passato in rassegna le truppe, sia pure nel corso di una simbolica visita a una scuola elementare, per dire “gnornò,-gnornò, io il bis non lo fo”. Gliel’aveva chiesto qualcuno? Non si sa. Forse coloro che hanno interesse a perpetuare la dorata prigionia. Re Sole rinchiuse tutti gli aristocratici nei cantieri ancora in progress della Reggia (dove prima esisteva soltanto un casino di caccia) col noto proposito: tenerli in gabbia decretando ogni mese il nuovo colore da indossare e il nuovo tessuto, imponendo i suoi sarti a credito ai prigionieri indebitati e condannati a indossare i vestititi prescritti. La Repubblica è dunque immobile.

Le elezioni non sono consigliabili con Covid crescente, ma anche in caso di Covid calante, perché nessuno ha interesse a una verifica cui seguirebbe il massacro. Da noi non ci sono state le stragi per le guerre di religione come in Francia e Germania, perché non ci piace il detto “Ammazzateli tutti, poi Dio riconoscerà i suoi”. Meglio stare sul vago e così i baroni Letta e Salvini si sfidano all’alba con fioretti da palestra e tutti fanno finta di essere molto indaffarati e minacciosi fi no all’ora del tiggì. Certo, tranne il governo che, effettivamente, lavora, ma su binari inchiodati al principio di realtà: calano i morti e salgono le ore libere, si distribuiscono al meglio i vaccini e però nessuno si prendere alcuna cura del carente servizio pubblico del pubblico servizio televisivo che non sparge informazione ma imbandisce cena e apericena nei suoi anfratti, dove ogni conduttore o conduttrice se ne frega dei contenuti purché si rispetti la sua scaletta e si bilancino gli equilibri secondo l’antica formula del “Cuius regio, eius religio” (linea editoriale: ognuno a casa sua fa quel che gli conviene) e si praticano due principi sacri del behaviorismo italiano.

Primo principio: l’ammuina borbonica in cui si impara a simulare l’attivismo inutile e frenetico – pensate ai tempi di Arcuri e dei banchi a rotelle con mascherine superscazzolate a destra e a sinistra – e quello descritto da Machiavelli sulla simulazione dello scontro usando segni gesso al posto dei carri e speroni di legno su cavalli a dondolo. Per eccesso di tempo libero, si raffina l’arte di simulare conflitti sul tema dei diritti civili, quali che siano, ma senza alcuna passione e senza tendere l’orecchio a ciò che già accade nei Paesi più sviluppati, ad esempio sulla questione gender. Il giovane filosofo gay e conservatore inglese Douglas Murray sostiene che la società occidentale tende a creare nicchie – le più numerose possibili – in cui ciascuno possa trovare un alloggio come minoranza repressa che chiede gli arretrati per le millenarie angherie subite. Con l’esclusione degli insalvabili maschi bianchi borghesi etero, c’è posto per tutti.

Le identità di genere possibili calcolate in tutte le varianti superano le cento e il calcolo combinatorio delle sue prospettive di sviluppo di relazione umana, va per il migliaio. Chiunque conosca minimamente la società degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Europa del Nord, sa che si va inevitabilmente a uno scontro tra femministe e i transgender maschi che in America e anche nel Nord Europa pretendono di trasferire la loro forza maschile in campo femminile e comandare. Ma nessuno ne parla, nessuno ne discute e si fa soltanto finta che siamo davvero impegnati in una sacra battaglia per i diritti civili, di dignità, di lotta alla violenza su cui non esiste scontro reale. Si restringe l’area dell’espressione libera giorno dopo giorno e chiunque può misurare il restringimento dalla crescita di stereotipi linguistici nella confezione dei pezzi destinati ai telegiornali, o alla confezione coatta di dichiarazioni politiche perentorie e sgangherate (e incomprensibili) tutte imparate a memoria e recitate a gran velocità.

Tutto è bloccato, ma per fortuna il governo Draghi come un dinosauro riemerso dal ghiacciaio si scuote di dosso immondizia e parassiti del vecchio governo che tuttavia ha ancora voce in capitolo. Questa ci sembra la scena dell’arazzo in cui abbiamo imparato a convivere in attesa che passi la nottata della liberaldemocrazia di cui molto si vagheggia nelle fiabe serali a caminetto spento e social aperti.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.