Chi sta guardando i sondaggi clandestini, quelli non ammessi dalla legge-burqa, capisce bene perché Matteo Salvini si sta agitando tanto. Se la Lega arranca, delegando l’operazione salvataggio al generale Roberto Vannacci, nel centrodestra si apre – da lunedì – il redde rationem. Una partita doppia che va dal rimpasto di governo alle nomine europee e che vedrebbe il Carroccio soccombere a una Fdi largamente egemone e a una FI rafforzata. Salvini, che vede rabbuiarsi l’orizzonte, alza i toni. “Macron è un criminale instabile”, grida. Come se non fosse il vice presidente del Consiglio del Paese che presiede il G7, si scaglia contro il presidente francese usando toni che di istituzionale non hanno niente. Giorgia Meloni tace sull’incidente peggiore che poteva prodursi a 24 ore dal voto.

“Salvini è un pericolo”

E allora Antonio Tajani esce allo scoperto: “Io guido la diplomazia, non parlerei mai così di un capo di Stato straniero”. Macron è perfino di più: è il partner europeo più forte e più vicino che abbiamo. Gli ultimi fuochi della campagna elettorale sono questi. Da una parte chi vuole più Europa, dall’altra chi ne vuole meno. E francamente allora chissà perché insiste per andare nel cuore delle istituzioni europee.
“Se un vicepremier chiama il Presidente di un paese alleato e partner dell’Italia ‘Criminale instabile’ o si dimette o si apre una crisi diplomatica che danneggia l’Italia. Il tutto mentre presiediamo il G7. Salvini è un pericolo per gli interessi nazionali. Meloni intervenga”, incita Carlo Calenda.

“Aggredisce Macron mentre non spende una parola nei confronti del vero artefice della guerra in Ucraina, quel Putin col quale lui e il suo partito hanno firmato un noto protocollo di collaborazione, i cui esiti si stanno evidentemente vedendo», fa notare il capogruppo di Italia Viva al Senato, Enrico Borghi. Matteo Renzi – che conclude la campagna di Stati Uniti d’Europa – è tranchant: “Ormai Salvini è oltre la decenza”. E ancora: “Averlo bloccato al Papeete è stato un grande atto di civiltà politica”, rivendica. Ma la crisi di credibilità è ampia.

“Linguaggio elettorale drammatico”

E riguarda tutta la politica, se è vero che l’astensione dai seggi segnerà, come si attendono tutti, un nuovo record. Lo spin doctor Luigi Crespi è molto duro: “L’astensione mette in evidenza la totale inadeguatezza della classe dirigente”, spiega. “Andremo sotto la soglia psicologica del 50% di elettori che partecipano al voto. Abbiamo perso per strada milioni di elettori”. Il perché è da ricercarsi negli errori degli ultimi trent’anni: “Hanno criminalizzato il mercato politico. Tutti pensano che si costruisca valore denigrando gli avversari. Il linguaggio elettorale è drammatico, e dentro a questo quadro nessuno fa propaganda per la politica. Nessuno la rivendica come strumento sovrano, elegante, superiore per rendere il Paese migliore”. Certo, ci sono eccezioni. “Meloni, Renzi… cavalli di razza ce ne sono. Ma sono pochissimi a livello nazionale. A livello regionale poi non ne parliamo”. La competizione non è più “per”. E’ soltanto “contro”.

Il gioco al ribasso

“Abbiamo prodotti sullo scaffale che non invogliano a essere comprati ma dicono solo che quello accanto è peggio. E in questo gioco al ribasso perdono tutti”, prosegue l’analisi di Crespi. “Salvini nel tentativo disperato – essendo passato dal 36% al 9% in cinque anni – di riprendere quota, spara le ultime cartucce sempre più in alto. Il suo errore non è stato il Papeete, è stato chiamare la rivoluzione e poi fare accordi con Conte e con Letta pur di andare al governo”. La carta Vannacci? “Ha chiamato uno che è contro la sua maggioranza, contro il suo governo e contro il suo partito”.

Il professor Gianfranco Viesti, ordinario di Scienze politiche a Bari, è dello stesso avviso: “Quello che si prevede è un calo sensibile dei voti per la Lega, con un conflitto interno allo schieramento del centrodestra. Bisognerà capire cosa succederà nel Carroccio: ci potrebbe essere un ritorno alle origini territoriali, la Lega torna partito del Nord”. E sull’incognita Vannacci: “Insegue un elettorato di estrema destra che non saprei dire quanto cuba”.
D’altronde sarà la composizione elettorale a definire vincitori e vinti: “Il voto europeo è meno attraente di quello per le politiche nazionali, bisogna vedere cosa comporta: l’astensionismo colpisce ultimamente più il centrosinistra, e quello del Mezzogiorno porta via voti al M5S. Bisogna vedere se chi aveva dato consenso a Giorgia Meloni torna a darglielo. E le elezioni comunali trascinano gli elettori al voto, dunque si dovranno fare i conti con gli elettori delle grandi città che vanno ad eleggere i nuovi sindaci”.
Rimane da vedere se le tre grandi riforme – fin qui accennate, annunciate – pagheranno. “Come effetto elettorale – è la previsione di Viesti – forse poco: i cittadini votano per come stanno le loro tasche. L’economia è andata sorprendentemente bene, e questo incide”. L’opinione degli analisti coincide: “Dopo le elezioni, giro di boa per il governo, con un rimpasto importante”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.