I sondaggisti non parlano, sia chiaro. Noi ieri non li abbiamo mai incontrati, quelli del consorzio Opinio. Pronti a negarlo anche in tribunale. Fabrizio Masia, Antonio Noto e Livio Gigliuto noi non li vediamo da tempo. Non hanno dati aggiornati – e come potrebbero? – né hanno voglia di protestare per l’assurdo burka elettorale che devono indossare, a quindici giorni dalle urne. Nell’indecente commedia delle parti, opportunamente velate per chissà quale ipocrisia le realtà del voto, dobbiamo raccontare di colloqui che non si sono mai tenuti.

Sondaggi vietati solo in Italia

La legge vieta la realizzazione e la diffusione di sondaggi quando mancano due settimane al voto. In Italia. Perché in Francia, in Uk, in Germania, negli Stati Uniti i sondaggi si possono fare e si fanno fino all’ultim’ora dall’apertura delle urne. Ma tant’è, da noi no. E quindi, non avendo mai incontrato tre dei principali istituti di sondaggio italiani, non abbiamo notizie o indiscrezioni da svelare. Non sappiamo, per esempio, che l’affluenza prevista per il Nord-Ovest e per il Nord-Est rimane sopra al 60%, ma cala (e anche drasticamente) man mano che si scende giù per la Penisola. Se al Sud potrebbe essere sotto al 50%, nelle Isole potrebbe stare tra il 30 e il 40%.

L’affluenza può ammazzare i 5 Stelle

Un dato che impatterà inesorabilmente sui partiti tradizionalmente più forti nel Mezzogiorno e nelle isole maggiori, come il Movimento Cinque Stelle che potrebbe risultarne penalizzato. Se solo i sondaggisti potessero parlare, ci direbbero come si va modificando il posizionamento degli elettori in questi giorni. Che sono decisivi: il 30% degli indecisi e incerti (al netto di chi poi deciderà di non andare a votare) decide come votare nelle due settimane che precedono il voto. Ecco che quando Report fa la ramanzina ai sondaggisti, accusati di sbagliare spesso le previsioni, prende un gigantesco abbaglio. Perché gli istituti demoscopici fotografano le intenzioni di voto quando queste sono in pieno movimento. E la foto viene sempre sfocata.

Il 13% degli elettori che nessuno ‘vede’

Quando si assestano, le decisioni degli elettori? Una percentuale importante, il 10%, negli ultimi cinque giorni dal voto. Il tre per cento di chi vota lo decide invece la mattina stessa, nel percorso da casa al seggio o addirittura dentro il seggio stesso. Per effetto della telefonata di un amico, di un ricordo personale, di una suggestione. «Talvolta anche influenzata dal clima», ci direbbero i sondaggisti, se li avessimo potuti incontrare. Ma intendiamoci: se solo il 25% dei votanti rimane fedele al partito che ha votato in precedenza, la quantità di consensi liberi, flottanti, “scongelati” è immensa. E sempre più spesso si cambia anche schieramento, non solo partito. Domenica notte, tra le 2 e le 2,30 del mattino, sapremo. Per ora, come Socrate, sappiamo solo di non sapere. E di non poter sapere, per effetto di una legge di cui nessuno capisce la ratio: in assenza di fonti certe si moltiplicano le divulgazioni improvvisate, ricorrono le fake news, si cavalcano i social network. Cui prodest?

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.