Le reazioni
Dazi, il day after in Europa: “È come l’invasione russa”. Meloni ha cercato di mediare fino all’ultimo
La mossa di Trump era attesa da tempo ma non ha mancato di generare frustrazione, preoccupazione ansia ma anche rabbia. Le reazioni arrivano da tutta la Ue.

Il “day after” dei dazi di Donald Trump è stato quello delle reazioni. Il giorno in cui il mondo ha cercato di capire come rispondere a una mossa annunciata da tempo, “telefonata” (come si usa dire in gergo calcistico), ma che comunque ha provocato sentimenti di frustrazione, preoccupazione, ansia, attesa ma anche rabbia. Perché la scelta del presidente degli Stati Uniti può essere il primo atto di quella che appare a tutti gli effetti come una guerra commerciale. Dall’Italia, Palazzo Chigi ha cercato di provare a mediare. La premier Giorgia Meloni ha invitato il mondo (e Washington) a evitare una guerra commerciale “che indebolirebbe l’Occidente”.
Anche Londra, attraverso le parole del primo ministro Keir Starmer, ha preferito una reazione soft, anche perché il governo britannico sta negoziando con l’amministrazione Trump un accordo bilaterale. La linea di preoccupazione, ma anche di moderazione, ha trovato sponda pure nei corridoi di Bruxelles. “Agiremo in modo calmo, attentamente graduale e unificato, mentre calibriamo la nostra risposta, lasciando tempo adeguato per i colloqui. Ma non resteremo inerti, se non saremo in grado di raggiungere un accordo equo” ha scritto il commissario europeo al commercio Maros Sefcovic. Ma se la linea della Commissione è quella di escludere lo scontro frontale con la Casa Bianca, almeno in questa fase, nel cuore dell’Ue la situazione appare diversa. Ed è il vecchio asse franco-tedesco a emergere come il possibile antagonista delle mosse del tycoon.
Parigi e Berlino, con toni diversi, hanno messo in chiaro che sono pronte a qualsiasi evenienza. La decisione di imporre dazi, ha spiegato il vicecancelliere tedesco Robert Habeck, “è del tutto paragonabile” alla situazione che c’era “all’inizio del mio mandato, cioè con la guerra di aggressione contro l’Ucraina”. “Di conseguenza” ha sottolineato Habeck, “anche la reazione deve essere grande. Ciò che è accaduto ieri sera influenzerà fortemente il prossimo governo, la prossima legislatura, ben oltre la Germania e ben oltre l’Europa”. Il cancelliere Olaf Scholz ha definito l’imposizione dei dazi come una scelta che “costituisce un attacco a un ordine commerciale che ha creato prosperità in tutto il mondo”. E se il capo del governo tedesco ha detto che Berlino è “a disposizione del governo americano per discutere ed evitare una guerra commerciale”, allo stesso tempo ha esortato l’Europa a “dimostrare di avere muscoli forti”.
La linea tedesca appare un misto di attendismo e rabbia, probabilmente anche frutto del passaggio di consegne tra l’esecutivo a guida socialdemocratica e quello guidato dalla Cdu. Mentre la linea della Francia, che guida il gruppo dei “ribelli” (ieri anche lo spagnolo Pedro Sanchez ha parlato un attacco senza precedenti all’Europa), per ora è quella più netta. Già ieri mattina, la portavoce dell’esecutivo francese, Sophie Primas, all’emittente Rtl aveva sottolineato che l’Unione europea era “pronta per una guerra commerciale” con gli Stati Uniti. Il presidente Emmanuel Macron ieri ha riunito ministri e rappresentanti dei settori economici più colpiti dalla scure di Trump. E dopo il vertice, le parole del presidente francese sono state particolarmente decise. È una mossa “brutale e infondata” ha detto Macron, uno “shock per il commercio internazionale”. “Una cosa è certa” ha detto il presidente, “l’economia statunitense e gli Stati Uniti, che si tratti di imprese o di cittadini, ne usciranno più deboli di ieri”.
E dall’Eliseo è arrivata anche la richiesta alle aziende francesi di sospendere qualsiasi investimento negli Stati Uniti fino a nuovo ordine, finché non sarà chiarita la situazione con Trump e la sua amministrazione. E se a Washington sono convinti che grazie ai dazi ci sarà presto “un boom economico” (versione smentita invece dall’agenzia di rating Fitch, che ha parlato di forte rischio di recessione), l’impressione è che questa nuova stagione di tensioni tra Europa e Usa sia solo all’inizio. E molti obiettivi dei dazi potrebbero guardarsi intorno a cercare sponde anche tra di loro. Bruxelles da tempo vuole ampliare i suoi rapporti con il Canada. L’accordo tra Ue e Mercosur è un’opzione. E anche la Cina si sta muovendo per serrare le file di vecchi e nuovi amici, tanto che ha già bussato alle porte di Corea del Sud e Giappone, con quest’ultimo che ha accusato gli Usa di misure “estremamente deplorevoli”.
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