Intervenuto su Radio Leopolda nel corso della trasmissione condotta da Roberto Giachetti, il giornalista e scrittore Alessandro Barbano ha commentato le decisioni della Corte Costituzionale sui quesiti ammessi o giudicati “inammissibili” al referendum abrogativo che si terrà tra aprile e maggio.

“Ho fiducia istituzionale e credo che chi preside al Corte in questo momento sia una delle coscienze più alte del diritto e della civiltà giuridica del Paese, mi riferisco a Giuliano Amato” ha sottolineato l’ex direttore del Mattino. “Credo che le valutazioni che ha fatto abbiano una loro coerenza, ovviamente vanno prese una ad una”.

Sull’inammissibilità del quesito relativo all’eutanasia, che ha suscitato diverse polemiche, Barbano chiarisce: “Sull’abrogazione del primo comma dell’articolo 579 che punisce l’omicidio del consenziente, faccio questa valutazione che forse può apparire eterodossa perché capisco quanta attenzione e quanta sensibilità ci sia sul tema dell’eutanasia nel Paese. Ma – sottolinea – nel momento in cui fosse abolito l’articolo che punisce l’omicidio del consenziente che cosa si determinerebbe? Questa è una domanda che ci dobbiamo porre”.

Domanda a cui prova a rispondere: “Paradossalmente – osserva – dovrebbe determinarsi che l’omicidio del consenziente non è più punito a qualunque livello oppure si determina che, in assenza dell’articolo 579, diventa omicidio doloso perché il consenso non rileva più”.

Poi lancia una “provocazione facendo un parallelo rispetto a un altro valore costituzionalmente protetto, ovvero quello della libertà. Chi, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, rinunciasse in maniera permanente e irrevocabile alla libertà, ponendosi in una condizione di volontaria schiavitù: ecco lo schiavista potrebbe proteggersi con il consenso dell’avente diritto? Io credo di no perché ci sono dei valori irrinunciabili, la cui comprensione sotto una certa soglia non può rispondere a parametri soggettivi”.

Per Barbano si tratta dello “stesso rapporto tra il razzista e la vittima del razzismo: qualora ci fosse taluno che si riconosce in una condizione di inferiorità parziale e consapevolmente riconoscesse il diritto del razzista di esprimere una discriminazione nei suoi confronti, il razzista potrebbe invocarla come un esimente (esclusione della responsabilità penale, ndr). Io penso proprio di no, la libertà e l’eguaglianza sono valori intrinseci”.

“La vita -ricorda – è un valore costituzionalmente protetto non dalla fede del Vaticano ma dallo stato laico e liberale. Voglio dire che la Corte Costituzionale, discutendo del caso di dj Fabo, precisa a quali condizioni il diritto alla vita può essere sottoposto a delle limitazioni e lo fa in maniera molto chiara. Le quattro condizioni poste quando è stato assolto Cappato lo scorso anno sono: trovarsi in presenza di una patologia irreversibile con una prognosi infausta, piena coscienza di intendere di volere, dolore fisico e psicologico insostenibile e la decisività del trattamento sanitario per tenere in vita il paziente. A queste condizioni la Corte non avrebbe opposto un rifiuto qualora il Parlamento avesse pronunciato una legge sull’eutanasia attiva, subordinandola a queste condizioni”.

“E’ evidente, così come ha precisato Amato, che il diritto del depresso al suicidio non esiste, non può esistere. Il depresso – spiega – non può chiedere allo Stato di agire in sua vece e di rendere eseguibile l’esercizio del diritto alla morte perché altrimenti lo Stato contraddice il principio di tutela alla vita, un principio laico. Io credo che ci sia grande confusione sull’idea che le possibilità umane coincidono con i diritti: non è vero” conclude.

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.