Con il freddo che fa, i rubinetti di Gazprom chiusi e la spirale dei prezzi del gas, l’Europa è di fronte a un bivio: seguire la strada degli Usa di Trump, che torneranno a trivellare, oppure fare come la Cina, che elettrifica a marce forzate? Purtroppo però abbiamo paura. L’urgenza di fare sintesi tra costi energetici sostenibili per le imprese e famiglie al caldo rischia di farci perdere il contatto con la realtà. L’eventuale revival dei costi assurdi del 2022 – in agosto di quell’anno in Italia, si era toccato il record di quasi 2,5 euro per Standard metro cubo (Smc), contro lo 0,5 di oggi – dovrebbe suggerirci che non si vive solo di gas.

Aspettando Trump

A dircelo è un recente rapporto del Rocky Mountain Institute (Rmi), in cui si legge che, tra Stati Uniti e Cina, l’elettrificazione di settori di settori strategici quali trasporti, abitazioni e industrie è in fase avanzata. Bisogna aspettare il 20 gennaio, giorno dell’insediamento, per capire se le idee di Trump di conquistare terre dove andare a estrarre altro oro nero siano una provocazione. Per ora ci basta ricordare che la capitalizzazione complessiva delle principali aziende nelle energie rinnovabili, quotate a Wall Street (NextEra Energy, Clearway Energy, First Solar, Brookfield Renewable, e SolarEdge Technologies) è di circa 180 miliardi di dollari. Quanto è realistico che The Donald cancelli con un colpo di spugna l’intera transizione ecologica su cui finora l’economia americana ha investito a ritmi che si triplicano di anno in anno? E comunque ricordiamoci che il suo migliore amico, Elon Musk, è il leader mondiale dell’auto elettrica.

La Cina sta elettrificando

Nel frattempo, la Cina sta elettrificando al ritmo di 10 punti percentuali per decennio, nove volte più velocemente rispetto al resto del mondo. Gli analisti prevedono un suo ruolo determinante nel mercato globale delle “cleantech”, le tecnologie pulite. Paradosso della storia: ancora nel 2015, si metteva all’indice la Cina per le emissioni di CO2, facendo circolare le immagini di una Pechino avvolta da una coltre di fumo. Oggi il colosso asiatico sta facendo della sua corsa al green il punto di scontro con gli Usa. Anche questo dovrebbe far riflettere. Se Trump vuol fare la guerra ai cinesi, allora deve scendere sul loro stesso terreno di gioco, dispiegando la propria Invincible Armada, fatta di tecnologia green.

I costi di produzione decrescono

Nel frattempo l’Europa che fa? Finora si è parlato di auto elettrica. Con tutte le polemiche del caso. Tuttavia, ci sono anche altri settori, dove l’elettrificazione non solo è di più facile applicazione, ma la conversione è già realtà. Sempre l’Rmi dice che, sul fronte sole, vento e batterie, ma anche nucleare, i costi di produzione decrescono in maniera sensibile, mentre l’efficientamento ai consumi aumenta. All’inizio del nostro secolo, il costo di produzione dell’energia solare era di circa 300-400 dollari per MWh. Oggi è a 20-30 dollari per MWh. La produzione delle batterie agli ioni di litio vanta performance altrettanto esponenziali. I costi sono diminuiti del 79% dal 2013 al 2023, mentre la capacità di stoccaggio è cresciuta da meno di 1 GWh all’inizio degli anni 2000 a diverse centinaia di GWh oggi. A sua volta, per quanto riguarda i consumi, l’energia pulita applicata alle abitazioni e ai siti produttivi è tre-quattro volte più efficiente di quella originata dai combustibili.

Famiglie e imprese

Se ne deduce che la domanda di non rinnovabili sarà compressa tra l’efficienza produttiva delle tecnologie pulite – accompagnata da un crescente know how – e da una domanda sempre più diversificata. A cambiare il mercato ci penseranno famiglie e imprese. Con le loro preferenze e disponibilità economiche. Il caso italiano è emblematico. Le nostre industrie pagano la bolletta più cara d’Europa. Il costo del gas resta la voce più incisiva. Vi si aggiunge l’interdipendenza di produttori stranieri, dove il nucleare è più che consolidato. Mentre qui è lontano da venire. Ammesso che mai ci si arrivi e pure per tempo. Chi ci dice infatti che, tra dieci-quindici anni, non sarà più efficiente affidarsi allo stoccaggio? Aggiungiamo infine che le energie rinnovabili qui da noi restano vincolate all’intermittenza di generazione. In parole semplici, è il problema per cui né il sole né il vento sono fonti garantite in maniera costante. Mentre i tempi per l’adeguamento dei sistemi di accumulo sono ancora lunghi.

Quindi? Sul fronte italiano, l’Energy Release 2.0 per le imprese energivore, per l’installazione di impianti di auto produzione da fonti rinnovabili, è già un passo importante. Perché dovrebbe frenare l’emorragia del nostro sistema produttivo. Ma questa è una misura di contenimento. Peraltro su base nazionale. È l’Europa invece che deve allungare lo sguardo. La paura di morire di freddo – o di caldo in estate – ci vincola a fornitori stranieri. Buoni o cattivi che siano. Mentre avremmo tutte le carte in regola per gestirci le bollette in autonomia. Meno care e magari anche più pulite.