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Il prezzo del gas supera i 50€/MWh e il freddo anomalo lo farà schizzare: difficile non parlare di speculazioni
Con il prezzo del gas che in Italia ha superato la soglia dei 50€/MWh, contro i 49 della Borsa di Amsterdam, è difficile non poter parlare di speculazioni. Come invece ha suggerito il ministro Picchetto Fratin, il quale ha detto che «per evitare bolle speculative, occorre avere contratti di lungo termine». O come altrettanto ha spiegato Antonio Gozzi, special advisor di Confindustria con delega ad autonomia strategica europea: «L’eccessivo allarmismo apre spazi alla speculazione». La spirale è già in crescita, infatti. E non per lo stop delle forniture di Gazprom, di cui a risentirne in Europa sono quasi unicamente Slovacchia e Ungheria. È invece il clima il motivo per cui si rischia una nuova ondata di bollette salate.
Gas, la previsione della crescita
L’ultimo rapporto di Goldman Sachs osserva che sarà il freddo anomalo a far arrivare il prezzo del gas fino a 84 euro a megawattora. Questo mette in discussione la sicurezza dei decisori politici, per cui gli stoccaggi pieni all’80% riuscirebbero a farci attraversare con tranquillità questi 2 mesi di inverno che abbiamo di fronte. Certo, è giusto gettare una coperta su un potenziale focolaio di incendio. Ma attenzione a nascondere anche la realtà. Ammesso e non concesso che nella contingenza si possa stare tranquilli, la riflessione va fatta sui nostri fornitori di gas. Perché poi sono loro che decidono quanto farsi pagare. Gli ultimi dati della London Stock Exchange rilevano che le esportazioni di Gnl dagli Stati Uniti hanno raggiunto livelli quasi record a dicembre 2024, arrivando a 8,5 milioni di tonnellate metriche. Grazie all’avvio di 2 nuovi impianti, uno in Texas e l’altro in Louisiana, gli Usa hanno incrementato la produzione annuale del 4,5% rispetto al 2023, posizionandosi come leader mondiale del settore. Europa e Asia sono i principali mercati di destinazione, rispettivamente con il 55% e il 34% delle esportazioni totali. La Borsa di Londra prevede che questa crescita produttiva contribuirà a mitigare la volatilità dei prezzi prevista per il 2025, in un contesto di domanda in aumento e condizioni di offerta più restrittive.
Gas, lo scenario dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca
D’altra parte, noi ne siamo sempre più vincolati. In questi giorni si è spesso parlato delle alternative a Gazprom. Quali sono? Il Gnl made in Usa si è dimostrato utile fin dallo scoppio della guerra in Ucraina. Tuttavia tra poche settimane Trump arriverà alla Casa Bianca. Chi ci garantisce che le forniture resteranno favorevoli? L’uomo dell’America first e dei dazi sulle importazioni potrebbe speculare su un combustile di cui la nostra economia non riesce a fare a meno. Algeria, Azerbaigian e Qatar hanno tratto altrettanto vantaggio dal conflitto di Putin.
Gli interlocutori poco trasparenti
Prima del febbraio 2022, le pipeline del Transmed (verso Italia via Tunisia), il Tap dal Mar Caspio e il Gnl dal Golfo ci rifornivano complessivamente di circa 50 miliardi di metri cubi (bcm). Oggi si è arrivati a 60 miliardi. È un incremento tutto sommato limitato, a causa della capacità produttiva dei singoli produttori e degli impegni contrattuali esistenti, strutturati sul lungo termine e che impongono delle esclusive da parte del fornitore, che Bruxelles non ha la forza di mettere in discussione. Stiamo parlando, del resto, di interlocutori poco trasparenti e le cui politiche energetiche sono fortemente centralizzate.
Le dinamiche di dipendenza dalla Russia
Sonatrach, Socar e Qatar Energy sono compagnie pubbliche, fortemente politicizzate. Il loro parallelismo con Gazprom è abbastanza immediato. La differenza sta nel fatto che mentre questa è per Mosca uno strumento ricattatorio, per Algeria, Azerbaigian e Qatar – ma non solo, anche per produttori minori come Mozambico e Tanzania – il gas rappresenta una leva di crescita economica tanto quanto nei decenni il petrolio è stato per i paesi del Golfo. Detto questo, non è accettabile che l’Europa non sia in grado di svincolarsi dalle stesse dinamiche che l’hanno resa dipendente da una Russia passata dall’essere un’amica affidabile a un nemico alle porte. È necessario quindi rivedere al più presto il price cap fissato a 180 euro/MWh. Picchetto Fratin suggerisce di scendere a quota 50-60 euro. Questo vorrebbe dire che le quotazioni di questi giorni già basterebbero per farlo scattare. È altrettanto urgente riformulare il mix energetico del continente. Il 2025 deve essere l’anno di nuovo equilibrio tra rinnovabili e combustibili fossili. Nel programma della presidenza polacca di turno della Ue si parla della promozione di soluzioni cleantech europee (energia solare, eolica, idrogeno verde e batterie). Auguriamoci che non siano oggetto di speculazioni politiche.
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