La guerra sottomarina è un problema particolarmente importante, al punto che è sul tavolo della Nato e dell’Unione europea da diversi anni. I fondali del continente sono una ragnatela di cavi da cui passano telecomunicazioni, dati, energia elettrica, petrolio e gas. E il danneggiamento del cavo che collega Estonia e Finlandia, l’Estlink-2 è stato subito messo in cima all’agenda delle due organizzazioni. Un fatto su cui si seguono diverse piste, dal guasto tecnico al sabotaggio. Ma che è servito ancora una volta a porre l’accento sull’importanza della protezione dei cavi sottomarini.

L’alta rappresentante Ue per la Politica estera, Kaja Kallas, non ha dubbi. Per la politica estone, dietro i vari incidenti che hanno colpito i cavi sottomarini nel Baltico c’è “uno sforzo coordinato”. “Il sabotaggio è in aumento in Europa e abbiamo assistito a una varietà di attacchi: incendi dolosi, attacchi informatici e interferenze elettorali. La tempistica e la precisione dell’hacking di Estlink-2 e dei cavi dati suggeriscono piuttosto uno sforzo coordinato”, ha affermato Kallas. “Non ci lasceremo scoraggiare dall’aiutare l’Ucraina”, ha continuato Kallas. Che con queste dichiarazioni, non ha solo fatto intendere di condividere le ipotesi del dolo, ma anche di avere individuato, di fatto, il colpevole, e cioè la Russia di Vladimir Putin.

I sospetti sono ben presenti nella mente degli strateghi europei e atlantici. I cavi nel Baltico sono una preda abbastanza semplice per le navi russe. E Mosca può sfruttare non solo le sue navi militari, ma anche quelle capaci di muoversi senza dare troppo nell’occhio. Una è la Yantar, la nave-spia che di recente ha fatto il suo ingresso nel Mediterraneo, e che negli ultimi mesi è stata più volte individuata vicino a cavi sottomarini di Stati membri della Nato o dell’Ue. Ma il Cremlino può sfruttare anche un altro sistema, quello della sua “flotta fantasma”, e cioè quell’insieme di petroliere e cargo che non battono bandiera russa ma che sono legate alla Federazione trasportando carichi di petrolio nei porti europei eludendo le sanzioni occidentali.

Centinaia di imbarcazioni che farebbero segretamente parte dei piani di Mosca per vendere il suo oro nero. Il Financial Times, in una recente inchiesta, parlava addirittura di 400 petroliere gestite indirettamente dalla Russia attraverso intermediari in altri Paesi e società in paradisi fiscali. L’Europa sta facendo il possibile per frenare queste navi, che spesso si muovono senza alcuna garanzia di sicurezza e che di fatto è impossibile tracciare. Ma gli strumenti Ue non possono limitare in modo universale questa flotta. E la Russia, che ha necessità di vendere il proprio petrolio, non ha alcuna intenzione di frenare le attività di queste navi.

Anche nell’incidente dell’Estlink potrebbe esserci di mezzo una di queste petroliere. Le autorità finlandesi, subito dopo il sospetto guasto al cavo, hanno fermato una nave battente bandiera delle Isole Cook, la Eagle S, che trasportava benzina senza piombo caricata in un porto russo sul Baltico. Per gli investigatori, l’imbarcazione potrebbe avere colpito il cavo trascinando l’ancora. “È in corso un’indagine e siamo in attesa di risultati più dettagliati sullo stato del cavo sottomarino”, ha detto Arto Pahkin, direttore di Fingrid, l’operatore che gestisce l’infrastruttura. Secondo gli esperti, potrebbero anche volerci diversi mesi per riparare il danno. E la preoccupazione ora è quella di proteggere al meglio questa rete.

L’Estonia, 24 ore dopo l’incidente, ha deciso di avviare un’operazione militare con pattugliamenti che riguarderanno tutta l’area dove passa l’Estlink-2. Il presidente della Finlandia, Alexander Stubb, ha dichiarato che la situazione è “sotto controllo”. La guardia costiera svedese ha aumentato i controlli del traffico navale per monitorare tutte le imbarcazioni sospette. E anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha chiamato Stubb dicendo che la Nato “rafforzerà la sua presenza militare nel Mar Baltico”. Il dossier rischia di diventare sempre più centrale nelle strategie atlantiche. Anche perché la rottura di questi cavi può essere uno strumento di pressione molto incisivo nei confronti dei governi locali. Così come lo è, da parte del Cremlino, ipotizzare lo stop al transito del gas verso l’Europa. Tanto più ora che Vladimir Putin sembra intenzionato ad aumentare il pressing sull’Europa anche in vista di un possibile negoziato nel 2025.

La Slovacchia, dopo l’incontro tra Robert Fico e lo “zar”, ha confermato la disponibilità per ospitare i negoziati tra Russia e Ucraina. Ma la guerra non accenna a placarsi e nel giorno della notizia della cattura (e della morte) del primo soldato nordcoreano sul fronte ucraino, il Cremlino ha confermato il partenariato strategico con Kim Jong-un, certificando ormai l’asse sempre più solido tra Mosca e il regime asiatico. Secondo il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, nell’ultima settimana sarebbero morti circa mille soldati della Corea del Nord. Il funzionario dell’amministrazione Biden ha anche spento i facili entusiasmi per le presunte iniziative di pace di Putin. “Non è un uomo che va preso seriamente quando si parla di una soluzione” ha detto Kirby. E mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto “un’indagine approfondita” sull’incidente dell’Azerbaijan Airlines in Kazakistan per le presunte responsabilità della contraerea russa, da Kiev ora la speranza è che arrivino presto le armi e i sistemi promessi dall’Occidente.