"Russia controllerà spazio post-sovietico dell’Ucraina come l’URSS l’Europa orientale"
Il politologo russo Petrov: “Per Putin i negoziati equivalgono alla capitolazione di Ucraina e Occidente”
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«È fondamentale comprendere che, anche con la fine della guerra in Ucraina, il confronto tra Russia e Occidente non avrà termine e l’Occidente, per non perdere questa sfida, dovrà prepararsi adeguatamente, in quanto, a differenza della Russia, non presenta ancora una giusta consapevolezza circa la gravità della situazione e una proporzionata preparazione al conflitto». Il politologo e analista russo Nikolay Petrov, a capo del Centro per la ricerca politico-geografica di Berlino e Senior Fellow presso la Chatham House, delinea, attraverso le sue parole, il rischio di un’escalation futura che potrebbe contrapporre la Russia alle potenze occidentali.
Professor Petrov, Vladimir Putin ha dichiarato di recente di essere disposto a parlare con Kiev e con il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump, aprendo a “negoziati e compromessi”. Manterrà la parola data?
«Putin è pronto per i negoziati, ma li intende come una discussione sulle condizioni di capitolazione dell’Occidente e dell’Ucraina. Non è interessato a porre fine alla guerra e allo scontro con l’Occidente: ciò ridurrebbe il suo potere nel paese e solleverebbe la questione della correlazione tra ciò che la Russia ha ricevuto in conseguenza alla guerra e i costi colossali che sono stati sostenuti».
Il presidente russo esclude Zelensky dai negoziati, definendolo “illegittimo”. Chi saranno i suoi interlocutori a Kiev?
«Lo stesso Putin ha affermato che solo il presidente della Verkhovna Rada è legittimo a Kiev. Ma in Ucraina non credo che Putin abbia intenzione di trattare con alcuno: l’unico con cui è pronto a condurre veri negoziati è il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. Ritiene di non avere nulla da negoziare con i leader europei e, in particolare, con Zelensky: obbediranno alla decisione del presidente americano».
Il presidente ucraino Zelensky afferma: “dobbiamo ancora contare sull’unità tra Stati Uniti ed Europa, perché è molto difficile sostenere l’Ucraina senza l’aiuto dell’America”. Secondo lei, il nuovo governo di Trump continuerà ad appoggiare Kiev?
«Penso che le elezioni presidenziali statunitensi condurranno, da un lato, a una revisione e un aggiustamento del corso della politica estera mentre, dall’altro, favoriranno l’emergere di una figura che possa garantire qualsiasi tipo di accordo durante un mandato di quattro anni. È chiaro che l’attuale stato di cose in Ucraina non può essere considerato un successo della costosissima politica estera statunitense in quest’area, quindi gli Stati Uniti si trovano davanti a un bivio: possono investire significativamente di più nella guerra, fino alla partecipazione diretta – il che è altamente improbabile – o cercare in qualche modo di tirarsi fuori dal conflitto. Trump, come nuovo presidente, può presentare la partecipazione attiva degli Stati Uniti alla guerra in Ucraina come un errore, non suo, ma di Biden e degli europei, e uscirne. Meno probabile sarebbe una partecipazione più attiva da parte degli Stati Uniti, che potrebbe aumentare i rischi di un conflitto nucleare e indebolire l’America nel confronto con la Cina. Mantenere lo status quo è costoso sia politicamente che finanziariamente, quindi penso che sia escluso».
La sfida sembra essere quella di ottenere la migliore posizione negoziale possibile. Come giudica la situazione dei due contendenti?
«Penso che Putin, avendo perso la guerra lampo nel 2022, stia ora vincendo sia contro l’Ucraina che contro l’Occidente che la sostiene. Sta premendo sul fronte, non ha bisogno di correre e questo rende forte la sua posizione. Allo stesso tempo, coloro che in Occidente credono che la questione si concluderà con l’umiliazione dell’Ucraina e la sua rinuncia alle sue posizioni sui territori e, forse, l’adesione all’UE e alla NATO, si sbagliano. Putin non ha particolarmente bisogno di territori e la linea di confine – che sia quella attuale o diventi leggermente diversa – non è rilevante per lui».
Cosa conta davvero per Putin?
«Ciò che è importante per lui è che l’Ucraina – tutta, e non solo la parte occupata dalla Russia – entri nella zona di controllo del Cremlino. Ciò che è davvero significativo è la dimostrazione che, che l’Occidente lo voglia o no, la Russia controllerà lo spazio post-sovietico come l’URSS controllava l’Europa orientale».
In un possibile negoziato, cosa pensa che Mosca e Kiev sarebbero disposti a rinunciare?
«Per Zelensky e l’attuale governo di Kiev, qualsiasi concessione al Cremlino è inaccettabile. Tuttavia, il fatto è che, senza il sostegno attivo degli Stati Uniti, è impossibile per l’Ucraina continuare la guerra a oltranza: le forze saranno troppo diseguali. E se questo sostegno si indebolisse in modo significativo, ci sarebbe un cambio di potere a Kiev e il nuovo governo procederebbe dal possibile, non dal desiderato».
Il presidente ucraino ha elencato ai 27 leader europei alcune condizioni per negoziati che portino a una pace giusta: saranno rispettate?
«No, certo che no, così come la posizione di Zelensky in generale».
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