Duecento droni e quasi cento missili, di cui quattro ipersonici. Un “massiccio attacco” contro l’Ucraina “in risposta all’uso di armi americane a lungo raggio”, ha rivendicato il ministero della Difesa russo. Una pioggia di fuoco che ha colpito ancora una volta le infrastrutture energetiche del Paese invaso e che, secondo l’azienda Dtek, ha gravemente danneggiato diverse centrali elettriche. È la conferma, l’ennesima, di quello che da tempo è l’obiettivo di Vladimir Putin: piegare l’Ucraina anche attraverso un’arma subdola come quella dell’inverno. A maggior ragione in un Paese già stremato da quasi tre anni di guerra. Tanto che ieri il colosso ucraino Ukrenergo ha annunciato di avere richiesto energia elettrica da cinque Paesi vicini: Moldavia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria.

Le centrali ucraine bombardate

Lo “zar” da tempo bombarda le centrali ucraine. E non è certo la prima volta che Kiev segnala le conseguenze disastrose di questi raid. Il ministro degli Esteri ucraino, Andriy Sybiha, ieri sui social media ha lanciato di nuovo l’allarme e le richieste nei confronti degli alleati. “La Russia mira a privarci di energia. Invece, dobbiamo privarla dei mezzi del terrore”, ha scritto il ministro, ricordando che il suo Paese ha bisogno di sistemi di difesa aerea Nasams, Hawk o Iris-T. Ma questa volta, Mosca ha voluto giustificare l’attacco anche con un’altra motivazione: quella della vendetta per il lancio di sei missili Atacms contro un aeroporto nell’oblast di Rostov. E il Cremlino, in questo modo, ha voluto anche “parlare” a Washington, dove in questo momento è in corso uno scontro politico tra l’amministrazione uscente, guidata da Joe Biden, e quella repubblicana capitanata da Donald Trump.

I missili a lungo raggio

Il tycoon, in un’intervista rilasciata al Time, ha confermato la sua contrarietà all’autorizzazione concessa da Biden per usare i missili a lungo raggio americani in territorio russo. Una decisione che, a detta del presidente eletto degli Stati Uniti, è sbagliata perché “aggrava la situazione”. E la frase di Trump, che ha confermato le divergenze con Biden riguardo il sostegno a Kiev, è stata subito messa in risalto da Mosca. Tanto che il Cremlino non ha solo bombardato le centrali ucraine chiarendo che è stata una rappresaglia all’uso degli Atacms, ma anche che la dichiarazione di Trump “è pienamente in linea con la nostra posizione e con la nostra visione delle ragioni dell’escalation”. E Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo, ha anche aggiunto che “è ovvio che Trump capisca esattamente cosa stia facendo degenerare la situazione”.

L’assist per il prossimo presidente Usa è del tutto evidente. E arriva mentre l’amministrazione Biden ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari per Kiev da 500 milioni di dollari. Ma ora tutti si chiedono quanto la nuova politica americana possa incidere anche sui piani europei per l’Ucraina. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha detto che per prevenire un conflitto nel territorio dell’Alleanza bisogna “passare a una mentalità di guerra”. L’ex premier olandese ha detto anche che i Paesi membri dovrebbero spendere per la Difesa molto più del 2% del Pil perché “senza una difesa forte, non c’è sicurezza durevole. E senza sicurezza non c’è libertà per i nostri figli e nipoti, non ci sono scuole, non ci sono ospedali, non ci sono imprese. Non c’è niente”.

Il monito di Rutte è cristallino. Ma ora il blocco atlantico deve capire come gestire il dossier ucraino in attesa che Trump arrivi alla Casa Bianca. Mercoledì prossimo, Volodymyr Zelensky dovrebbe incontrare a Bruxelles i leader di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Polonia, Nato e Unione europea per discutere del sostegno al suo Paese. “L’Ucraina deve rimanere uno Stato indipendente con il diritto di scegliere il proprio futuro. Spetta all’Ucraina decidere sul proprio territorio” ha detto ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.Il sostegno dell’Italia per Kiev, fermo e determinato, ha l’obiettivo di una pace giusta” ha ribadito ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Capitolo negoziati

In Europa si inizia a discutere di forze di peacekeeping, di cessate il fuoco. Da Budapest, Viktor Orban ha ribadito la sua idea di una tregua di Natale con un parallelo scambio di prigionieri. E mentre ieri Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano Epifanio, il primate della Chiesa ortodossa dell’Ucraina (non riconosciuta dal patriarcato di Mosca), Peskov ha chiuso la porta allo stop alle ostilità. “Non vogliamo un cessate il fuoco, vogliamo la pace, una volta che le nostre condizioni saranno soddisfatte e tutti i nostri obiettivi saranno raggiunti”, e ora, ha detto il portavoce di Putin, non ci sono “i prerequisiti per i negoziati”.