L’inverno è alle porte. E la popolazione ucraina è perfettamente consapevole di quello che significa. I bombardamenti russi hanno messo a tappeto gran parte delle infrastrutture energetiche, specialmente delle regioni a ridosso del fronte. E il buio, il freddo e l’impossibilità di avere una quotidianità più o meno normale (nei limiti di ciò che può significare vivere sotto la minaccia delle bombe) rappresentano un incubo sempre più vicino e sempre più concreto. Volodymyr Zelensky lo sa come lo sa Vladimir Putin, i cui comandanti – proprio in vista della stagione più fredda – hanno accelerato le operazioni sui vari fronti. Quelle aeree, per colpire le centrali elettriche e le forze ucraine, ma anche quelle terrestri nel Donbass e nel Kursk.

La “rasputiza”

Lo zar vuole dare la spallata a Kiev prima che sia troppo tardi, prima che il terreno diventi sempre più difficile da gestire. L’umidità e le piogge dell’autunno rendono tradizionalmente difficili le manovre terrestri in queste regioni. In russo, l’impraticabilità delle strade in questa stagione la chiamano con un termine specifico, la “rasputiza”, che rappresenta i terreni fangosi e molli inumiditi dalle piogge di ottobre o dalla nave che si scioglie nei primi giorni di primavera. L’acqua e la terra in cui sprofondano stivali, ruote e cingolati paralizza in gran parte le operazioni (come già dimostrato anche in questi anni di guerra). Ma con l’arrivo del freddo a prendere il sopravvento è anche il ghiaccio, mentre il gelo investe le trincee e le città sempre più a corto di energia.

A livello tattico, la situazione è chiara. Le forze ucraine stanno usando i missili Atacms e Storm Shadow contro le forze russe e nordcoreane nel Kursk, la regione invasa ad agosto dagli uomini di Zelensky. Mentre Mosca, da qualche settimana, ha avviato una pesante controffensiva. L’arrivo dei nordcoreani ha rappresentato una svolta per le operazioni in quella regione ma anche nella percezione del conflitto, che ormai appare sempre più globale. I 10mila soldati di Kim Jong-un hanno portato Joe Biden a dare il via libera all’uso dei missili americani anche in territorio russo. Ma secondo le ultime informazioni, la Corea del Nord avrebbe iniziato anche ad ampliare la produzione di missili Kn-23 (Hwasong-11A) e Kn-24 (Hwasong-11B). Con i primi che sarebbero già stati usati dai russi. Una mossa che ha fatto scattare un nuovo allarme in Ucraina, al punto che il ministro della Difesa, Rustem Umerov, è volato in Corea del Sud per incontrare il presidente Yoon Suk-yeol e il ministro della Difesa, Kim Yong-hyun. E i due governi adesso hanno deciso di unire le forze contro l’asse tra Russia e Corea del Nord.

L’avanzata delle truppe

Gli scenari sono inquietanti anche per quello che accade nel Donbass, dove Putin ha scelto il generale Alexander Sanchik (già sotto accusa per il coinvolgimento nel massacro di Bucha) come colui che condurrà le operazioni. Gli analisti confermano che il fronte vacilla sotto la pressione delle forze del Cremlino, che sembrano aver messo di nuovo nel mirino Zaporizhzhya. A detta dell’Institute for the study of war, le truppe dell’Armata sono avanzate molto di più rispetto al 2023 e della prima parte del 2024. L’esercito di Kiev resiste e prova, in alcune zone, anche a contrattaccare. Ma la spinta russa continua soprattutto in direzione di Pokrovsk, snodo logistico di tutta la regione. E Zelensky ha già detto di avere bisogno di armi, di munizioni e di sistemi per la difesa aerea, per evitare che città ed esercito subiscano la pioggia di fuoco di Putin, che ieri è volato in Kazakistan per una visita ufficiale di due giorni.

Lo zar vuole rafforzare i legami con Astana e l’Asia centrale, al punto che Mosca in questi giorni ha pure aperto alla collaborazione con i talebani dell’Emirato afghano. E in attesa che Donald Trump detti la linea degli Stati Uniti sul conflitto, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha lanciato un avvertimento: “Siamo ancora molto lontani da una soluzione politica e diplomatica della crisi”. Soluzione su cui però si discute anche a Kiev, dove il capo dell’ufficio di presidenza, Andrii Yermak, ha aperto al negoziato se si riporta la situazione a quella del “23 febbraio 2022”. Quindi prima dell’invasione russa ma con la Crimea già annessa da Mosca.