L'escalation in Ucraina
Putin presenta un missile e rivendica “diritto” ad attaccare l’Occidente. Zelensky e la Crimea, parole che piacciono a Trump
L’escalation tra Russia e Ucraina è ormai un dato di fatto. Lo aveva detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. E lo hanno confermato soprattutto le parole del presidente russo Vladimir Putin, che ieri, parlando alla nazione, ha lanciato messaggi chiari e inquietanti. Uno, che la Russia “ha il diritto” di colpire le nazioni che sostengono militarmente l’Ucraina. Due, che la guerra ha “un carattere globale”. Tre, che l’attacco a Dnipro di ieri non è stato effettuato con un missile balistico intercontinentale, come sostenuto dalle forze di Kiev, ma con un nuovo missile balistico ipersonico, l’Orechnik, testato per la prima volta sul campo di battaglia.
Le minacce di Putin
Uno scenario che era stato ipotizzato ieri anche dai funzionari americani, e che certifica anche un ulteriore elemento: che la Russia sfrutta la guerra anche per testare nuovi modelli di arma. Lo zar ha avvertito anche che “Mosca è pronta a risolvere le questioni controverse con mezzi pacifici, ma è pronta ad ogni sviluppo degli eventi, ci sarà sempre una risposta”. E da queste parole appare chiaro che la pioggia di fuoco russo non si fermerà. Soprattutto con l’arrivo dell’inverno e mentre l’avanzata via terra – come ha spiegato l’Institute for the study of war – appare difficile da fermare.
Un segnale d’allarme per tutto l’Occidente, con Joe Biden che in questi giorni ha provato di nuovo a rafforzare il sostegno Usa all’Ucraina mentre si appresta a finire il mandato. E anche per questo Kiev sta da tempo cambiando narrativa sul negoziato con Putin. Perché l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca è un’incognita. Biden ha sempre avuto una regola: il supporto a Kiev “per tutto il tempo necessario”. Con alti e bassi, certo. Con trattative e linee rosse che poi sono stati quasi sempre superate dopo mesi di resistenza di Washington o a Bruxelles. Ma con Trump, tutto fa presagire che il suo piano di pace, ancora presunto e forse ancora poco chiaro al suo entourage, sia ben diverso dalla politica ideata dal suo predecessore.
Zelensky e la “Crimea diplomaticamente”
Volodymyr Zelensky è il primo a esserne consapevole. E basta ascoltare le ultime dichiarazioni rilasciate dal presidente ucraino a Fox News per capire che qualcosa è cambiato. “Ho già detto che siamo pronti a riottenere la Crimea diplomaticamente. Non possiamo perdere decine di migliaia di persone per il bene della Crimea, capiamo che la Crimea può essere riportata indietro per via diplomatica”. “Non possiamo riconoscere legalmente alcun territorio occupato dell’Ucraina come russo”, ha ribadito Zelensky, “si tratta di territori occupati da Putin prima dell’invasione su larga scala, dal 2014”. Ma l’ammissione del capo dello Stato sembra un segnale rivolto non tanto al suo nemico al Cremlino, quanto a chi prenderà posto a gennaio nella Casa Bianca. Già nelle scorse settimane, in una intervista alla Bbc, Bryan Lanza, un consigliere di Trump per l’ultima campagna presidenziale, aveva avvertito Zelensky di presentare una “proposta realista per la pace”. E il realismo ipotizzato da Lanza prevedeva proprio di rinunciare alla Crimea. “Se si siede al tavolo e dice, possiamo avere la pace solo se abbiamo la Crimea, ci dimostra che non fa sul serio. La Crimea è andata”, aveva detto. Lo staff del tycoon si era sbrigato a dire che Lanza non parlava a nome di The Donald. Ma quelle parole del fedelissimo di Trump non possono che tornare alla mente dopo le dichiarazioni di Zelensky nel tempio dei media repubblicani. Quella Fox che sembra diventata una fucina di potenziali segretari della prossima amministrazione.
È chiaro che il presidente ucraino non ha detto di rinunciare alla penisola sul Mar Nero. Una regione occupata da Putin nel 2014, annessa con un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale e che è stata di fatto il primo grande passaggio di una guerra “ombra” combattuta per anni nel Donbass e deflagrata poi con l’invasione del 2022. Ma quelle frasi di Zelensky, in un contesto come quello di oggi, rischiano di avere un significato molto più profondo.
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