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Lo stop agli aiuti militari in Ucraina porta voti, Romania e Germania sulla scia di Trump: i timori di Zelensky
Le bombe russe continuano a piovere su tutta l’Ucraina. E dopo più di 1.000 giorni di conflitto, il presidente Volodymyr Zelensky sa che si sta avvicinando un’altra ora della verità: quella di Donald Trump alla Casa Bianca e di un negoziato che appare sempre più prossimo e sempre meno uno scenario da escludere. Ieri il leader ucraino ha sentito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ringraziandolo dell’aiuto fornito con i sistemi Patriot e Iris-T per la difesa aerea e ricevendo garanzie sul fatto che la Germania continuerà a lavorare con Kiev per una “pace giusta”. Ma il governo del paese invaso sa che adesso è una corsa contro il tempo, sia a livello militare che diplomatico, consapevole che quello che si è mosso e si sta muovendo a Washington è decisivo (e lo ha fatto capire due giorni fa anche Vladimir Putin).
Il tycoon è riuscito a trionfare alle elezioni di questo novembre anche grazie alla promessa di tagliare (o quantomeno di ridurre drasticamente) gli aiuti militari all’Ucraina, facendo il possibile per vedere intorno allo stesso tavolo i delegati di Mosca e quelli di Kiev. Un discorso che ha conquistato buona parte del partito repubblicano e che ha fatto leva su quel pensiero isolazionista che da tempo ha fatto breccia nel cuore dell’America profondo e dell’elettorato conservatore. E che preoccupa il governo ucraino per due ragioni. La prima è legata chiaramente all’importanza degli Stati Uniti non solo come potenza leader della Nato ma anche come principale sostenitrice dell’esercito di Kiev. La seconda ragione, invece, riguarda quello che qualcuno potrebbe considerare una sorta di “contagio”. E cioè il timore che le idee di The Donald, sia per il ruolo del presidente Usa sia per la capacità di sfondare anche in altre opinioni pubbliche attraverso leader che si rifanno all’ideologia trumpiana, possano diventare sempre più forti e consolidate anche in altri contesti, soprattutto in Europa.
La questione non è secondaria, per Zelensky, perché da diversi mesi il sostegno a Kiev è diventato un tema decisivo nelle campagne elettorali. L’ultimo esempio è arrivato dalla Romania, dove al primo turno delle presidenziali ha vinto un uomo, Călin Georgescu, che nel suo programma ha proprio la fine di qualsiasi aiuto all’Ucraina, lo spostamento verso est della politica estera di Bucarest e una critica estrema all’Alleanza atlantica. Ma quello che preoccupa Zelensky è soprattutto quanto il discorso di un progressivo stop del supporto al suo paese possa iniziare a interessare anche altri Stati. In Europa orientale gli occhi sono puntati soprattutto su Viktor Orbán in Ungheria ma anche sugli ultimi movimenti di Robert Fico, il premier slovacco che ha accettato di partecipare alle celebrazioni del prossimo 9 maggio a Mosca.
Ma è uno, in particolare, il paese in cui la questione ucraina può diventare fondamentale a livello elettorale: la Germania. Dall’invasione dell’Ucraina, il sistema tedesco è stato la principale vittima collaterale dello scontro tra Mosca e Occidente, dal momento che Berlino aveva una forte amicizia con la superpotenza dell’Est. Una partnership che aveva nel gas l’elemento trainante, con il Nord Stream e il Nord Stream 2 a essere il simbolo di quest’asse energetico. Ma con la guerra Scholz ha cambiato completamente atteggiamento, rinnegando anche la politica della sua vecchia cancelliera, Angela Merkel. E la frattura tra Russia e Germania continua a non essere ben vista né dall’estrema destra né dalla sinistra radicale. L’Alternative für Deutschland – il movimento di ultradestra che molti sondaggi danno secondo alle prossime elezioni federali, subito dopo i cristianodemocratici della Cdu – non ha mai fatto mistero di essere molto attento alle sirene russe. E come ha rivelato il Der Spiegel, nella bozza che circola in queste ore in Germania sul programma politico di Afd non ci sarebbero dichiarazioni nette sul conflitto in Ucraina, ma si auspica una ripresa del commercio con la Russia e l’acquisto di gas di Mosca a basso costo. Due eventualità che possono realizzarsi inevitabilmente solo con la fine della guerra.
Mentre dall’altra parte del Bundestag, i “rossobruni” di Sahra Wagenknecht hanno sempre messo in chiaro la loro contrarietà al sostegno militare a Kiev e la volontà di riprendere il dialogo con il Cremlino. La presa sull’opinione pubblica di questi due movimenti è forte e, anche se non maggioritari, riescono a orientare il dibattito pubblico. E lo faranno ancora di più con le elezioni in avvicinamento.
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