La leggenda secondo cui Donald Trump e Vladimir Putin segretamente si amano, detestano la NATO e spingono insieme per un nuovo ordine mondiale è una favola. La brutale verità è che nessuno sa chi vincerà nel match fra pace e guerra, ed è proprio questo il punto: nessuno sa o può prevedere come andrà a finire e quindi i giorni dell’incubo non sono finiti. In primo luogo, si è visto che un conto è il rancore personale del Presidente (eletto) nei confronti di Volodymir Zelensky e del governo ucraino; e tutt’altra l’idea (più volte allusa e vagheggiata) di offrire alla Russia il primato di unica potenza avversaria che aveva l’Unione Sovietica.

I segnali di Mosca

Il Cremlino non ha dato alcun segno di apertura di credito a Trump ma al contrario ha ribadito in maniera ossessiva e in puro stile sovietico che la Russia è vittima di un grande complotto dell’Occidente che mira a smembrarla e farla sparire come entità politica. Questa ossessione di Putin ribadita sui social non è soltanto figlia della paranoia perché l’idea di smembrare la Russia è accarezzato dalla Repubblica Popolare Cinese, formalmente alleata, maggior acquirente del petrolio russo e fornitore di tecnologia per uso sia civile che militare. Per ora Russia e Cina hanno reciproche convenienze per simulare un fronte unito, ma la Cina è sul filo della crisi di nervi per la retorica nucleare di Putin e il presidente Xi Ji-Ping ha un partner solidissimo come la Francia di Emmanuel Macron, in continuità con la linea di Charles de Gaulle quando fondò la Quinta Repubblica.

De Gaulle detestava americani e inglesi e li voleva fuori dall’Europa, ma voleva la Russia bianca, senza gli asiatici. Gli americani, invece, non vogliono una Russia smembrata, memori dei disastri seguiti alla dissoluzione degli imperi austro-ungarico e ottomano. Putin si sente minacciato più dall’Europa che dagli Usa, ma teme che una parziale vittoria in Ucraina potrebbe portare a un cambio di regime a Mosca e allo smembramento del più grande impero della Terra. Ma la Cina ha altre priorità: il suo primo obiettivo resta quello di riavere l’isola di Taiwan usando non la forza ma le leggi internazionali. La conquista russa dell’Ucraina a mano armata somiglia troppo al desiderio armato degli americani per tenersi Taiwan.

Durante questi ultimi giorni Putin ha giocato la carta del missile con cui minacciare l’Europa con armi atomiche come uno spot pubblicitario: Mosca se vuole può distruggere non obiettivi militari ma le capitali europee con tutti i loro abitanti. Questa è la minaccia che ha fatto scattare Trump spingendolo a una dichiarazione che non si era mai sentita prima. È frustrante ripetere che il nostro destino è legato a una partita in cui c’è chi è pronto a vedere il bluff di Putin sfidandolo alla guerra, e chi teme che Putin possa davvero lanciare la terza guerra mondiale attaccando uno più paesi della NATO perché prigioniero del suo personaggio e del fortissimo partito di suoi fan e agenti che pullulano nei paesi occidentali.

La novità assoluta

Trump ha fatto una pubblica dichiarazione in cui ha parlato per la prima volta in modo aggressivo a Vladimir Putin, senza nominarlo. Erano le ore della polemica sul nuovo missile russo e Trump ha intimato a Putin di smettere di minacciare missili e bombe atomiche sull’Europa perché l’America – ecco la novità assoluta – sarà schierata in difesa dei suoi alleati. Nello stesso discorso Donald Trump ha ricordato di non aver mai fatto morire un solo essere umano e di avere soltanto avviato il progressivo abbandono di tutte le basi militari. La sua formula è semplice: gli Stati Uniti sono e saranno la sola potenza con un potere di dissuasione. E non hanno più bisogno del vecchio sistema delle basi sparse ovunque, salvo quelle destinate a proteggere lo Stato di Israele. Nella sua visione strategica ogni potenziale nemico dell’America è già da considerarsi nel mirino se tentasse di usare la forza contro Stati Uniti e contro i suoi alleati, cioè noi europei.

La parola chiave è proprio quella che non aveva mai voluto usare in campagna elettorale: “alleati”. Trump comprende come alleati i membri della NATO, la Corea del Sud, il Giappone l’Australia e naturalmente Il Regno Unito. Queste parole hanno generato un’eruzione di nazionalismo verbale da parte di Putin. Dopo i primi lanci ucraini di missili americani ATTACKS, dando notizia della nuova “dottrina nucleare” e mostrando sul campo di battaglia l’unico prototipo di missile a gittata intermedia multipla e annunciando nuove “linee rosse” che provocherebbero, se varcate, la guerra. Queste minacce, espresse con parole molto decise, sono tuttavia soltanto parole, ma segnano un nuovo corso che durerà presumibilmente fino all’insediamento di Trump alla Casa Bianca il 20 gennaio 2025. E la decisione di Joe Biden di autorizzare gli ucraini a lanciare i missili ATTACKS mostra di fatto una sintonia fra il vecchio Biden e il non più giovane Trump. Tutte le fonti aperte e quelle riservate stanno lavorando come api operose e non è un caso che Joe Biden abbia vinto la sua mano imponendo la tregua in Libano.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.