L’altro giorno il Senato degli Stati Uniti ha sepolto sotto una valanga di voti contrari due risoluzioni rivolte a bloccare la vendita di armi a Israele per circa otto miliardi di dollari. Il manipolo di senatori favorevoli all’embargo era guidato da Bernie Sanders, costretto più volte – durante la guerra di Gaza – a vedersi rinfacciate le bugie che rigonfiavano la sua retorica sulle responsabilità genocidiarie israeliane.
È improbabile che un attivismo meno menzognero, meno proclive alla propalazione delle bufale sulla carestia, sulla pulizia etnica e sul deliberato sterminio dei civili avrebbe conseguito risultati parlamentari diversi. Ma almeno si sarebbe trattato di una propaganda capace di distinguersi da quella che prorompe dai tunnel e finisce in vernacolo pacifista nei cortei bardati di kefiah.

Anche questa volta, invece, la brama di diniego delle forniture belliche a Israele pretendeva di fondarsi sull’“immoralità” della guerra, e naturalmente l’immoralità riguarderebbe non la parte che l’ha scatenata con gli eccidi del 7 ottobre, cioè Hamas, ma la parte che l’ha contrastata per scongiurare i dieci, cento, mille 7 ottobre promessi dal terrorismo palestinese. Maldestro è anche il tentativo del gruppuscolo democratico di avversare l’alleanza degli Stati Uniti con Israele, argomentando che essa in realtà si ridurrebbe a un mercimonio tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu, come se quelle armi servissero ai personali progetti autocratici del primo ministro dello Stato ebraico e non, puramente e semplicemente, alla difesa delle case e delle famiglie degli israeliani. Il che ovviamente non significa che in una guerra – e tanto più in una guerra urbana come quella di Gaza – non possano essere commessi errori e anche crimini: questi da accertare e punire, quando vi siano, e quelli da prevenire ed evitare, quando è possibile.

Ma un altro conto è argomentare, come in pratica si fa dall’8 ottobre del 2023, che l’offensiva israeliana nella Striscia e poi sugli altri fronti che assediano Israele non sia altro che uno stillicidio di deliberate operazioni criminali. Questa è semplicemente un’oscena mistificazione, la quale non ha neppure l’aggancio assolutorio a una qualsiasi istanza umanitaria, visto che per accreditarsi ha bisogno di una selva di numeri falsi e di un mare di fatti inventati. La sofferenza della popolazione di Gaza esiste ed è spaventosa, ma va sul conto della responsabilità di quelli che la sequestrano e vi si mischiano, vale a dire i terroristi che hanno costruito quel budello sotterraneo protetto dai civili anziché per proteggere i civili.

Quelli che, come il senatore Sanders e come tanti suoi omologhi europei, si mostrano senza sosta a difesa dei diritti della popolazione palestinese sarebbero più credibili se orientassero in modo appena più equilibrato la loro oratoria. E cioè se riservassero almeno una piccola quota dei loro trasalimenti umanitari alle belve che reclamano il sangue palestinese per rinvigorire la “resistenza”. Preferiscono, invece, disarmare Israele: cioè la continuazione del 7 ottobre con gli stessi mezzi.