Altro che miraggio di una pace possibile ed imminente: da ieri alitano con arroganza e spirito provocatorio, minacciosi venti di guerra sferzano il Natale azzerando per ora quello “spirito della trattativa” in cui molti speravano, contando sulla determinazione di Trump a imporre il cessate il fuoco appena dopo aver messo piede nella Casa Bianca.

Il suo plenipotenziario militare, generale Keith Kellogg era stato spavaldo: “Dichiareremo aperte le trattative: se non si presentasse Zelensky, toglieremmo ogni aiuto all’Ucraina, ma se non si presentasse Putin, raddoppieremmo gli aiuti militari a Kiev”. Questo discorso non è piaciuto a Putin che da tre giorni è in televisione lanciando agli occidentali una sfida western: “Lanceremo il nostro nuovo missile imprendibile fornendone le coordinate a ucraini e americani. Provate ad abbatterlo: voglio proprio vedere che faccia farete quando scoprirete che possiamo colpirvi in ogni angolo della Terra senza poterci fare nulla. Ci farebbe molto piacere l’esperimento”.

La riposta è venuta dal governo laburista inglese: “Così come abbiamo superato il tabù dell’uso di missili a lunga gittata all’interno della Russia, è ora di abbattere il tabù dell’invio di truppe britanniche su suolo ucraino – i proverbiali ‘boots on the ground’ – con il compito di addestratori autorizzati a rispondere al fuoco russo”. Si tratta di un annuncio molto serio perché è di pochi millimetri sotto la dichiarazione formale di guerra. Pochi ricordano che con un annuncio simile del Presidente americano John Fitzgerald Kennedy quando mandò i primi reparti di “Green Berets” in Cambogia, cominciò la guerra del Vietnam. La posizione intransigente degli inglesi – i quali già addestrano in casa propria migliaia di soldati ucraini – è in competizione sia con gli europei (che considerano codardi sia da destra che da sinistra), sia con gli americani esattamente come nel 1940 quando decisero di resistere ai tedeschi anche senza l’intervento americano.

Ne ha dato notizia il segretario alla difesa britannico John Healey al suo rientro da Kiev, ma senza dettagli né date. Per la Russia di Putin, il Regno Unito – che la propaganda del Cremlino chiama “l’isola” – è l’arcinemico storico. Per quanto se ne sa, le due opinioni pubbliche, sia russa che inglese, sembrano appoggiare i loro governi per un regolamento dei conti a mano armata. Su questo scenario è emerso un conflitto latente fra navi da guerra russe e Danimarca, paese membro della Nato, perché a Copenaghen hanno deciso di fermare nel Mar Baltico il passaggio corsaro della cosiddetta “Flotta delle petroliere ombra” che dall’inizio delle sanzioni attraversa le acque danesi per far uscire dalle acque territoriali russe milioni di tonnellate di greggio in barba alle sanzioni.

Il governo danese ha avvertito ieri la Nato di aspettarsi una scorta armata della marina militare russa. I danesi hanno trovato un appiglio legale per fermare le petroliere, chiedendone i certificati di assicurazione e negarne il passaggio negli stretti. La Russia ha risposto con un atto militare ordinando alla sua marina militare di scortare le petroliere fantasma, forzare il blocco danese e sfidare la Nato ad aprire il fuoco. Così ieri ha fatto sapere il governo danese. Tutti gli analisti rilevano una nuova e spericolata voglia di menare le mani e i missili, sfidando la linea rossa dell’articolo cinque dell’Alleanza Atlantica, che per un caso del genere dichiara automaticamente lo stato di guerra.

Ieri il ministero danese della Difesa ha dato notizia di “un comportamento militare di aperta sfida da parte russa”. E undici nazioni membri della Nato del Nord Europa hanno deciso di adottare la misura danese contro le petroliere fantasma russe. Non sono giochi di strategia perché quel traffico di petrolio che la Danimarca vorrebbe bloccare è la risorsa economica più importante su cui finora ha fatto affidamento la Russia per rendere inutili le sanzioni petrolifere. E il governo americano? E l’Unione europea? Donald Trump è di pessimo umore perché si vede sempre più fuori gioco. Ha schiaffeggiato verbalmente Joe Biden per aver concesso agli ucraini di lanciare missili a lunga gittata nell’interno della Russia a sua insaputa e accusa l’amministrazione Biden di soffiare sul fuoco pur di impedirgli di svolgere il ruolo arbitrale fra russi e ucraini.

Gli ucraini si sono resi conto che il programma di Trump per arrivare alla pace è per ora poco più di un sogno, anche perché Putin ha già dimostrato di essere gelosissimo dell’arrivo di un uomo che vorrebbe dettare le regole della guerra e della pace e ha sdegnato quelle esposte dal generale Kellogg, il mediatore personale per l’Ucraina. L’opinione pubblica russa è intanto sdegnata con Putin che ieri ha ammesso pubblicamente di non avere i mezzi militari per sloggiare il contingente ucraino che dal 6 agosto scorso ha preso possesso dell’oblast di Kursk, in piena terra russa. L’uso di truppe nordcoreane si è concluso per ora in un disastro: le agenzie ucraine hanno diffuso video e foto di centinaia di soldati dall’aspetto asiatico morti nel tentativo di eliminare gli ucraini, sostenendo che si tratta di nordcoreani con uniformi russe. I blog militari e di nazionalisti russi sono pieni di parole di scherno nei confronti di Putin che “comincia una guerra all’estero perdendola in patria”.

Questo stato di tensione crescente ha rincuorato le gerarchie militari ucraine che insistono nel voler combattere con colpi spettacolari – come è stata l’eliminazione del generale Kirillov – e molti colpi di scena e balistici con cui creano danni profondi nel cuore della Russia. Ma la speranza di poter seguitare a combattere è legata all’atteggiamento di Trump, che è ogni giorno appare meno indulgente verso Putin e gradualmente condiscendente verso gli ucraini. Sicché tutta la diplomazia di Kiev è impegnata in una gigantesca operazione di seduzione su Trump affinché non li abbandoni, sperando che Putin rifiuti di sedere al tavolo della trattativa americana. Zelensky a Parigi ha fatto di più: ha riconosciuto che l’Ucraina non pretende di riavere Crimea e Donbass perché sa di non avere la forza militare per un tale obiettivo. Zelensky ha scelto di apparire docile e disponibile e lo ha provato, Trump conta i giorni che gli mancano per entrare alla Casa Bianca come Commander in chief, ma a quella data manca ancora un mese lunghissimo e già saturo di guerra.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.