Washington si conferma il centro nevralgico delle dinamiche globali, con il presidente Trump pronto a ridefinire i rapporti di forza internazionali. Tra le priorità annunciate, la revisione urgente dell’accordo commerciale Usmca con Canada e Messico, con dazi del 25% all’orizzonte. L’obiettivo? Rafforzare ulteriormente le difese contro le triangolazioni dalla Cina e spingere verso una maggiore integrazione nordamericana, forse in direzione di un’unione economica regionale. Le prime ripercussioni si fanno già sentire: secondo il Korea Economic Daily, Samsung e LG starebbero valutando di trasferire parte della produzione di elettrodomestici dal Messico agli Stati Uniti. Trump ha inoltre minacciato ulteriori dazi del 10% contro la Cina per il traffico di fentanyl. Pechino ha risposto promettendo maggiori acquisti dagli Stati Uniti per placare le tensioni, ma i risultati restano incerti. Le speranze di un nuovo accordo commerciale tra le due potenze sembrano un miraggio per ora. Nel frattempo Pechino prosegue l’accerchiamento di Taiwan tagliando ieri notte altri due cavi di comunicazione. Sul fronte fiscale, Trump ha aperto un vero e proprio fronte di guerra fiscale, uno degli strumenti del Governo dell’economia (economic statecraft).

Stargate, TikTok

Il presidente ha annunciato un investimento da 500 miliardi di dollari nel progetto Stargate per mantenere la supremazia degli Stati Uniti nell’intelligenza artificiale, anche in ambito militare. Trump ha persino suggerito che Elon Musk o Larry Ellison acquistino il 50% di TikTok. Dopo il tentativo dell’amministrazione Biden di limitare il potere delle Big Tech, Trump adotta invece un approccio simile a quello cinese, subordinando l’economia alla strategia nazionale.

Le tre domande

In quest’ottica il neoeletto Segretario di Stato Marco Rubio ha inviato un messaggio chiaro a tutte le missioni diplomatiche: “Ogni dollaro speso, ogni programma finanziato e ogni politica perseguita deve rispondere a tre domande: rende l’America più sicura, più forte e più prospera?”. Questo cambio di paradigma segna l’abbandono di vecchie priorità e pratiche, in favore di un approccio che enfatizza il pragmatismo strategico. Mentre Washington accorcia la catena di comando e adotta misure da economia di guerra, l’Europa arranca. Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha avvertito che l’UE non dovrebbe dipendere dall’energia statunitense per evitare il rischio di ricatti geopolitici, come accaduto con la Russia.

La strategia dell’Europa

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha inoltre ribadito la necessità di un dialogo costruttivo con la Cina, sottolineando il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche nel 2025. Insomma sembra che la strategia dell’Europa sia paventare un riavvicinamento con Pechino per avere potere negoziale nei confronti di Washington. Un approccio ancora più suicida. Le misure adottate da Trump finora non sono contro l’Europa ma a favore degli Usa. Se la neo insediata amministrazione adottasse veramente azioni di ritorsioni commerciali contro la Ue, arriverebbe uno tsunami di proporzioni epiche nel Vecchio Continente. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato un monito all’Europa: “Deve imparare a prendersi pienamente cura di sé stessa, sviluppando una politica comune di sicurezza e difesa.” Ha insistito sulla necessità di aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL, avvertendo che l’alternativa è un lento declino che potrebbe accelerare. A Davos intanto capitale mondiale della globalizzazione, le poltrone vuote e i premi a celebrità come David Beckham e Diane von Furstenberg segnano il declino di centralità del WEF.

Il potere reale ora si concentra a Washington. E se la Bibbia racconta di un Davide che sconfigge Golia, nel 2025 sembra improbabile che qualcuno riesca a fermare il gigante americano. Trump non sta facendo altro che agire nell’interesse esclusivo degli Stati Uniti sebbene le sue mosse abbiano il potenziale di stravolgere l’ordine globale.