Con il giuramento in qualità di 47esimo presidente degli Stati Uniti, inizia l’era della “Trumpeconomic”. The Donald ha promesso una rivoluzione in termini economici. O restaurazione, secondo i suoi più acerrimi nemici. Un elemento, però, è incontestabile: con la sua ascesa al potere, le cose non saranno più come prima. In alcuni casi sono bastati la sua vittoria e l’annuncio di “100 decreti esecutivi in 100 giorni” per far cambiare un po’ di idee. Dall’ideologia “woke” alle battaglie green: è servito solo che il repubblicano dicesse il suo punto di vista per convincere le più importanti Corporation degli Stati Uniti a invertire la rotta e a tornare a posizioni tradizionali.

I primi interventi

La nuova economia targata Trump avrà 3 pilastri: lo sviluppo del digitale, in modo che gli Stati Uniti conservino il primato globale nel settore tecnologico; la creazione di dazi per equilibrare la bilancia commerciale; il ritorno alle trivellazioni e all’industria pesante “made in Usa”. Per quanto riguarda il primo punto, il nuovo inquilino della Casa Bianca ha come principale obiettivo il consolidamento della filiera dei microchip fatta all’interno degli Stati Uniti. Basta dipendere da Cina e Taiwan: troppa incertezza politica che potrebbe compromettere la crescita del paese nord-americano. Gli investimenti in questa filiera hanno una giustificazione geopolitica. Le pretese di Trump nei confronti della Groenlandia o del Canada, per quanto possano sembrare semplici boutade, in realtà confermano la teoria di Pechino secondo cui ogni grande paese ha diritto a una sfera di influenza. Dall’Estremo Oriente si aspettano una presidenza più accomodante sulla questione Taiwan. Ecco perché il tycoon punta a un’autocrazia tecnologica che prescinda delle tensioni in atto in Oriente. Senza contare che ha già annunciato la creazione di una riserva di valore in Bitcoin, spiegando che è una tecnologia troppo importante da trascurare.

I muscoli e il digitale

Un capitolo a parte merita la questione dazi. Da tempo gli Usa hanno una bilancia commerciale sfavorevole: ne approfittano Europa e la stessa Cina. L’introduzione di dazi potrebbe avere una prima fase formale. Si firma un ordine esecutivo operativo dopo qualche settimana, giusto il tempo per consentire alle diplomazie di adoperarsi per individuare soluzioni che non compromettano i mercati globali.  Trump sa benissimo che il via libera ai dazi penalizzerebbe soprattutto le multinazionali Usa, ma è abituato a mostrare i muscoli e a imporre all’interlocutore di sedersi al tavolo con buone intenzioni. Il salvataggio di TikTok si inserisce proprio in questa politica: un atto di distensione che la Cina dovrà ricambiare.

Il ritorno all’industria pesante

Il ritorno all’industria pesante è un cavallo di battaglia del nuovo “commander in chief”. Parla all’America profonda, quella fatta di acciaierie, petrolio e miniere. Agevolare queste industrie non è solo una mossa di propaganda, ma un modo per tornare alla piena occupazione e per attuare quell’autocrazia che da sempre The Donald predica. Comunque la si pensi, il mondo non sarà più lo stesso.

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