“Non ho mai pensato di essere liberata così presto”. Cecilia Sala, il giorno dopo il suo ritorno in Italia dopo 20 giorni trascorsi nel carcere di Evin a Teheran, in Iran, racconta, non senza momenti di commozione, la terrificate esperienza vissuta nella cella di isolamento. E lo fa in una intervista al direttore di Chora Media, Mario Calabresi, nel corso del suo podcast, ‘Stories‘, interrotto proprio il 19 dicembre scorso mentre si trovava nella sua stanza d’albero della capitale iraniana. “Sono confusa, felicissima, mi devo riabituare, questa notte non ho dormito per l’eccitazione, per la gioia, quella precedente non ho dormito per l’angoscia” racconta la 29enne giornalista romana. “Volevo stare all’aperto, ascoltare musica” spiega.

Sala: “Giorno prima dell’arresto parlavo con comica iraniana delle celle di isolamento”

Come è iniziata? “E’ difficile dirlo, a me non è stato spiegato perché sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin. Questa storia comincia perché l’Iran era il paese dove più volevo tornare, dove c’erano le persone a cui più mi sono affezionata in questo mestiere nonostante lo scudo che spesso creiamo per mantenere una distanza. E’ molto difficile ottenere un visto per l’Iran ed ero felice di averlo ottenuto. Ho trovato miracoloso – ricorda – che l’intervista che avevo fatto il giorno prima di essere arrestata fosse a Zeinab Musavi, la comica iraniana più famosa on line, una persona a cui ho voluto bene per anni da lontano. Proprio il giorno prima avevamo parlato di come si sta in una cella di isolamento e lei mi aveva raccontato che era riuscita a ridere persino in una cella di isolamento e questo per me è stato di grande forza e aiuto nei giorni successivi”.

Sala: “Volevo un libro per immergermi nella storia di un altro”

Poi quando è finita lei nella cella d’isolamento ha spiegato che è riuscita a ridere solo poco volte. “La prima volta che ho visto il cielo, poi quando c’era un uccellino che faceva un verso buffo. Ho sorriso pure quando c’è stata una incomprensione con una guardia donna, la più gentile, perché non sapeva parlare bene inglese. In quel contesto il silenzio è un grande nemico”. Nella puntata dal titolo “I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento”, della durata di circa 32 minuti, Sala racconta le sue settimane vissute in isolamento: “A un certo punto mi sono ritrovata, ad esempio, a passare il tempo, a contare i giorni, a contare le dita, a leggere gli ingredienti del pane che erano l’unica cosa in inglese”. Lì dove le ore sembrava che non passassero mai e i momenti di sconforto si susseguivano. “Nella tua testa quando non hai nulla da fare, non ti stanchi, non hai sonno, non dormi, un’ora ti sembra una settimana”. Aveva chiesto dei libri, anche una copia del Corano in inglese perché “la cosa che più volevo era un libro. Era la storia di un altro, qualcosa che mi portasse fuori. Un’altra storia in cui mi potessi immergere e che non fosse la mia in quel momento”. Poi aggiunge: “La mia fortuna è che io considero la cucina persiana favolosa, mangiavo molto riso, nel riso c’erano delle lenticchie, della carne, il problema non è stato mangiare ma dormire”.

Sala: “Niente occhiali perché sono un’arma”

Poi spiega perché nel carcere non poteva avere gli occhiali: “Non vedo senza lenti, ma gli occhiali non me li hanno mai dati perché sono pericolosi, si possono rompere i vetri per ferirsi. Per la stessa ragione non ho mai potuto scrivere, non mi hanno mai potuto dare una biro perché può diventare un’arma. Ma non mi hanno mai dato nemmeno le lenti a contatto”. Ricorda che “quasi tutti i giorni mi interrogavano. Per le prime due settimane tutti i giorni. Io ho preso in considerazione l’ipotesi di essere accusata di reati come pubblicità contro la Repubblica islamica, o molto più gravi”, ma le accuse non sono mai state cristallizzate. “Mi hanno detto che ero accusata di tante cose illecite compiute in tanti luoghi diversi”. Precisa che nel corso dei 20 giorni di detenzione “non è stata mai minacciata la mia incolumità ma nella mia testa ho pensato che mi avrebbero potuto uccidere. E’ una cosa che sogni, sei poco lucida perché non dormi”.

Sala: “Mai pensato di essere liberata così presto”

Ricorda il momento dell’arresto, avvenuto nella sua camera d’albergo a Teheran: “Il giorno prima di rientrare in Italia hanno bussato alla porta della mia camera d’albergo. Pensavo fossero signore delle pulizie, ho detto che stavo lavorando e non ho aperto. Hanno insistito, ho aperto e mi hanno portata via. In quel momento speravo potesse essere una cosa rapida, mi hanno portato in un altro posto, ma ho capito dalle prime domande che non sarebbe stato una cosa breve”. Poi collega il suo arresto a quello di Abedini, l’ingegnere dei droni iraniano fermato il 16 dicembre scorso all’aeroporto di Malpensa a Milano: “Avevo letto di un arresto in Italia e ho pensato che potessero avere l’intenzione di usarmi per quello. Avevo chiara questa ipotesi e pensavo fosse uno scambio molto difficile”. Da qui la considerazione: “Non ho mai pensato di essere liberata così presto”.

Ammette che prima di partire “avevo preso in considerazione il rischio di essere arrestata ed è una cosa che mi sono rimproverata molto una volta dentro. Ho chiesto consiglio a tantissime persone di lì prima di partire, ma il nuovo governo aveva dimostrato un piccola apertura, concedendo visti a giornalisti stranieri: c’era la Cnn, Paris Match“. Poi ricostruisce il momento in cui le è stato comunicato che sarebbe stata liberata. “Me lo ha detto una guardia alle 9 di mattina di ieri. Dal carcere sono andata direttamente in aeroporto e lì che ho incontrato il primo italiano”. Sala ha aggiunto che non pensa di tornare in Iran in futuro ma “l’idea di quel Paese per me non cambia: continuerò ad amare l’Iran nella sua complessità”.

L’addio con la compagna di cella: “Io fortunata con senso di colpa”

Dopo oltre due settimane in isolamento, negli ultimi giorni Sala era stata trasferita in cella con un’altra donna. Nel podcast racconta il doloroso addio: “Ci sono persone che sono” in carcere in Iran “da moltissimo tempo. Penso a loro moltissimo. Uno dei momenti più complicati è stato a come avrei detto che mi avrebbero liberata a Farzanè, la donna con cui sono stata insieme in cella negli ultimi giorni e che sarebbe rimasta lì. C’è il senso di colpa dei fortunati nella condizione in cui mi trovo adesso. Sono quindi grata alle persone che per mestiere si prendono cura di chi è nelle condizioni in cui ero io e sono sottoposti a incarcerazioni molto più lunghe”.

Redazione

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