La mossa della premier
Liberazione Cecilia Sala: quel volo di Meloni da Trump, il faccia a faccia senza interpreti e il freno a Israele sull’Iran
Il volo della premier Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, fulmineo e quantomai decisivo, ha consentito la liberazione in Iran di Cecilia Sala. Perché, cosa è successo? C’è, naturalmente, chi prova a scongiurare che si vada in profondità nelle analisi dei retroscena. «Gli stessi iraniani hanno separato le due cose. Intanto godiamoci il rientro in Italia di Cecilia Sala, una brava giornalista», ha detto il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani. Il fermo di Cecilia Sala a Teheran e l’arresto a Malpensa dell’ingegnere iraniano Mohammed Adedini Najafabadi sono però inestricabilmente connessi.
Tutti lo sanno, nessuno può dirlo. Salvo qualche dichiarazione sin troppo esplicita dei parlamentari vicini a Meloni, come la senatrice Michaela Biancofiore, presidente del gruppo Noi moderati: «Le motivazioni della proficua e opportuna corsa in Florida dal presidente eletto Trump per poche ore, risultano ora ancora più evidenti a tutti gli italiani». Già, quel colloquio. Inedito per modalità, stile, efficacia.
Il faccia a faccia con Trump senza interpreti
Meloni ha dimostrato doti negoziali notevoli. Ha preteso e ottenuto un incontro in poche ore, è piombata in casa di Trump e lo ha tenuto quattro ore: una durata irrituale. Tanto che il presidente eletto avrebbe ritardato la cena organizzata nella sua villa quella sera (che stando a nostre fonti riguardava un consesso di rappresentanti delle comunità ebraiche della diaspora). Altro dettaglio non da poco: Meloni a un certo punto avrebbe chiesto agli interpreti di farsi da parte, di aspettarla in una sala attigua. Rimanendo faccia a faccia con Trump.
La pressione Usa su Israele
Da qui in poi, tutte le piste sono aperte, ma rimane chiaro come quella da privilegiare sia legata alla triangolazione dell’influenza di Trump su Israele, e della minaccia di Tel Aviv su Teheran. Il Mossad avrebbe pronta la mappatura precisa dei siti nucleari iraniani: dove si fa ricerca, dove sta il plutonio, dove si trovano i reattori. E l’Iran, che lo sa, ha dedicato una esercitazione mirata alla difesa di uno dei siti oggetto di minaccia israeliana. Tutto l’interesse iraniano è su quel fronte, adesso. E dunque è pacifico che abbiano chiesto – e ricevuto – la rassicurazione da parte americana di esercitare tutta la pressione possibile su Israele per scongiurare l’escalation, almeno per ora. L’ambasciata sarebbe stata raccolta da Trump, a quanto pare, e portata a termine con soddisfazione degli ayatollah. Tutte illazioni, ipotesi di scenario. Ma tra le più verosimili.
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