La legge sulla presunzione aggirata
Giornalisti e magistrati vogliono distruggere la presunzione d’innocenza: basta un sospetto e scatta la gogna

L’Anm è in rivolta contro la legge sulla presunzione di innocenza. L’Ordine dei giornalisti la segue a ruota. La Corte di Cassazione frena un po’, perché probabilmente è formata, almeno ai suoi vertici, da persone più acculturate, ma nella sostanza segue il fiume vorticoso e impartisce istruzioni che servono comunque ad aggirare la legge.
Il principio sacrosanto della non colpevolezza in assenza di condanna è considerato dal mondo giornalistico-giudiziario una specie di abominio. Perché smantella il principio opposto, quello sul quale ha funzionato la giustizia negli ultimi trent’anni, e cioè l’idea che un fondato sospetto sia sufficiente per procedere contro una persona, punirla attraverso la gogna mediatica, e il carcere, e i sequestri, e la messa in pubblico di tutta la sua vita privata e intima, perché poi, alla fin fine, questo è il solo modo di amministrare la giustizia senza impigliarsi nelle maglie “levantine” delle difese che, di solito, sono complici dei “rei”.
Nessuna legge avrebbe mai potuto fare così male al potere giornalistico-giudiziario quanto questa legge sulla presunzione di innocenza, imposta dalla Costituzione e voluta dall’Europa, e che ristabilisce alcuni punti fermi dello Stato di diritto. Per questo il potere giornalistico-giudiziario ha reagito con il gruppo di testa del suo partito (l’Anm) e poi con la manovalanza (l’Ordine dei giornalisti), il quale si è rivolto direttamente al Csm e alla Cassazione chiedendo di intervenire per spezzare le reni a questa legge.
La Cassazione ha risposto ieri con un comunicato della procura generale, che certamente riafferma alcuni dei principi della legge, respingendo i toni eversivi dell’Ordine dei giornalisti, riconosce i diritti degli imputati, chiede la fine dei processi mediatici, ma poi stabilisce che ogni procuratore, se vuole, può superare la legge con conferenze stampa e quant’altro, a condizione che ritenga che questo valga a garantire l’interesse generale dell’essere informati. E in questo modo, anche la Procura generale della Cassazione, indica la via per gabbare la legge e lo santo.
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